PESCARA

Caso Passeri, Tajani scrive al sindaco: “Pronti a sostenere la famiglia”

20 Febbraio 2025

Il responsabile degli Affari esteri risponde alla richiesta di Masci: «Per il trasferimento, bisogna aspettare la sentenza di Cassazione»

PESCARA. «La possibilità di procedere al trasferimento della pena in Italia è subordinata, ai sensi dell’accordo tra il nostro Paese e l’Egitto, al definitivo passaggio in giudicato della sentenza di condanna». Si legge così in uno dei passaggi chiave della lettera che il ministro degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale Antonio Tajani scrive al sindaco Carlo Masci per informarlo sulla situazione di Luigi Giacomo Passeri, il 32enne pescarese arrestato al Cairo il 23 agosto del 2023 e condannato, sia in primo grado che in appello, a 25 anni di carcere per traffico internazionale di sostanze stupefacenti.

Il primo cittadino nei giorni scorsi, preoccupato per le condizioni detentive del giovane, ha chiesto al ministro di verificare quanto emerso dalle lettere che Giacomo è riuscito a far arrivare, seppur con difficoltà, al fratello Marco Antonio. Ha inviato così una seconda lettera, visto che già ad agosto scorso si era attivato procedendo in modo analogo. In consiglio comunale, su proposta della consigliera del Pd Michela Di Stefano, era stata anche approvata una mozione. Tajani, nella lettera, rassicura il sindaco precisando che, «sin dal suo arresto, la vicenda è stata immediatamente seguita con la massima attenzione e costanza dall’Ambasciata italiana al Cairo e che quest’ultima, in stretto coordinamento con il ministero, ha mantenuto continui contatti con la famiglia e con i legali del connazionale».

L’ambasciata, in base a quanto riferisce Tajani, avrebbe anche effettuato numerose visite consolari, «fornendo tutta la possibile assistenza, al fine di migliorare le condizioni detentive del 32enne».

Tuttavia, dalle ultime lettere che Giacomo è riuscito a inviare al fratello, emerge tanta disperazione. Il giovane scrive di sentirsi abbandonato dal governo italiano e di non avere fiducia nella giustizia egiziana, «visto che nonostante le prove a suo favore portate in aula e il cambio del legale, nulla è cambiato in appello».

I famigliari hanno sempre sostenuto che, fin dall’inizio, non è mai emersa la verità. Secondo loro, Giacomo aveva con sé una modica quantità di droga quando è stato fermato dalla polizia egiziana. Il racconto di cosa è accaduto nel momento in cui il giovane, anziché tornare a Londra, città in cui viveva e lavorava, è stato portato in carcere, viene riportato in una delle sue lettere più dure: «Violenza, aggressione e obbligo di firmare documenti impossibili da decifrare».

Lunedì prossimo ci sarà una visita consolare, fa sapere Marco Antonio Passeri, intenzionato a chiedere nel frattempo delucidazioni all’Ambasciata sulla strada da perseguire per evitare eventuali fraintendimenti e altri ostacoli giudiziari insormontabili. È giusto dunque procedere con il ricorso? Questo l’interrogativo che si pone il fratello.

Tajani, dal canto suo, garantisce piena collaborazione. Scrive ancora nella parte finale della lettera al sindaco Masci: «Ti assicuro che la nostra Ambasciata al Cairo continuerà a fornire la massima assistenza al connazionale e alla sua famiglia, sia nell’eventualità di un ricorso in Cassazione, sia per sostenere un’istanza di trasferimento in Italia». Un passaggio importante, quest’ultimo, per riaccendere la speranza nei famigliari, che chiedono il rimpatrio da tempo.