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Castiglione: il mio lavoro con i detenuti
ORTONA. Ha 56 anni, lavora a Pescara ed è un assistente capo di polizia penitenziaria. Ma Leo Castiglione è anche il nuovo sindaco di Ortona, dopo la vittoria al ballottaggio. Quale è esattamente il...
ORTONA. Ha 56 anni, lavora a Pescara ed è un assistente capo di polizia penitenziaria. Ma Leo Castiglione è anche il nuovo sindaco di Ortona, dopo la vittoria al ballottaggio.
Quale è esattamente il suo ruolo nel contesto professionale?
«Per diciannove anni ho fatto servizi d’istituto, poi sono passato in un ufficio che segue le misure alternative per quei detenuti che non stanno in carcere. La polizia penitenziaria ha dei compiti istituzionali anche in questo ambito».
Riuscirà a conciliare l’impegno professionale e quello istituzionale per il quale è stato da poco eletto?
«Domani stesso (oggi per chi legge ndc) presenterò richiesta di aspettativa, su cui potrò fare affidamento prendendo l’indennità dell’amministrazione locale».
A tal proposito, qual è il suo pensiero su quei rappresentanti delle forze dell’ordine che si candidano per approfittare dell’aspettativa in campagna elettorale?
«La legge 81 venne emanata nel periodo delle Brigate rosse proprio per tutelare le forze di polizia. Purtroppo oggi, anche se sono venute meno le ragioni che l’hanno fatta promulgare, quella legge esiste ancora. Quindi il direttore dell’istituto è obbligato a mettere in aspettativa il dipendente. Da un punto di vista etico la si può leggere negativamente, ma il problema è a monte perché bisognerebbe revocare quella legge».
Il suo lavoro la aiuta ad avere un’altra visione dei conflitti che ci sono in politica e nelle comunità?
«Sicuramente la tipologia di lavoro che svolgo accresce la capacità di mediare e far ragionare le persone. Pertanto mi ha aiutato nell’attività amministrativa. Inoltre, quando in passato ho ricoperto il ruolo di assessore alle politiche sociali, ho fatto anche da collante tra l’ambiente penitenziario e l’amministrazione comunale».
Alfredo Sitti
Quale è esattamente il suo ruolo nel contesto professionale?
«Per diciannove anni ho fatto servizi d’istituto, poi sono passato in un ufficio che segue le misure alternative per quei detenuti che non stanno in carcere. La polizia penitenziaria ha dei compiti istituzionali anche in questo ambito».
Riuscirà a conciliare l’impegno professionale e quello istituzionale per il quale è stato da poco eletto?
«Domani stesso (oggi per chi legge ndc) presenterò richiesta di aspettativa, su cui potrò fare affidamento prendendo l’indennità dell’amministrazione locale».
A tal proposito, qual è il suo pensiero su quei rappresentanti delle forze dell’ordine che si candidano per approfittare dell’aspettativa in campagna elettorale?
«La legge 81 venne emanata nel periodo delle Brigate rosse proprio per tutelare le forze di polizia. Purtroppo oggi, anche se sono venute meno le ragioni che l’hanno fatta promulgare, quella legge esiste ancora. Quindi il direttore dell’istituto è obbligato a mettere in aspettativa il dipendente. Da un punto di vista etico la si può leggere negativamente, ma il problema è a monte perché bisognerebbe revocare quella legge».
Il suo lavoro la aiuta ad avere un’altra visione dei conflitti che ci sono in politica e nelle comunità?
«Sicuramente la tipologia di lavoro che svolgo accresce la capacità di mediare e far ragionare le persone. Pertanto mi ha aiutato nell’attività amministrativa. Inoltre, quando in passato ho ricoperto il ruolo di assessore alle politiche sociali, ho fatto anche da collante tra l’ambiente penitenziario e l’amministrazione comunale».
Alfredo Sitti