Un frammento delle riprese dalle telecamere di sicurezza nel parco dell'omicidio

PESCARA

Christopher, nuovi dettagli dall’autopsia: non si è difeso, letali le coltellate iniziali 

La morte sarebbe stata rapida: anche se soccorso dopo, non si sarebbe salvato. E dall’analisi delle ferite emerge anche la differente azione dei due arrestati

PESCARA. Non si è difeso Christopher Thomas Luciani, 16 anni, non ha fatto in tempo. Le coltellate gli sono arrivate subito alla schiena, mentre precedeva l’amico a cui doveva dei soldi. È stato lui, quell’amico con cui fino all’estate scorsa se ne andava a zonzo in motorino, a pugnalarlo subito a tradimento mentre si infilavano tra le sterpaglie del parco Baden Powell di via Raffaello, in una zona nascosta a ridosso del tracciato ferroviario. È così che l’esame condotto dal medico legale Cristian D’Ovidio su disposizione della Procura dei minorenni dell’Aquila non solo va a confermare quanto riferito agli investigatori della Mobile dal testimone oculare (compreso il fatto che mentre segue l’ignaro Christopher sventola il coltello per mostrarlo agli amici rimasti alla panchina), ma aggiunge dettagli che fanno di quell’omicidio quasi un’esecuzione. Christopher non si è difeso perché così raccontano le ferite sul suo corpo: nessun segno da taglio alle mani o sulle braccia, ma ripetuti fendenti alla schiena, dieci, sferrati mentre era in piedi e camminava per raggiungere il luogo prescelto per il chiarimento. E poi altri colpi, 14, sul fianco destro, quando si è accasciato a terra ed è iniziata la sua agonia.

Christopher Thomas Luciani

Ma, racconta ancora l’autopsia, è stata una morte rapida, arrivata per le gravi lesioni ai polmoni e al fegato e la conseguente emorragia: qualsiasi soccorso prestato successivamente, è la conclusione del consulente della Procura, si sarebbe rivelato vano per salvare il sedicenne di Rosciano.
Di fatto, la consulenza lunga 160 pagine rivela anche, confermando la versione del testimone, che ad accoltellare Christopher 25 volte siano stati in due: il creditore amico di Christopher, che gli ha dato la caccia per tre giorni prima di bloccarlo nel primo pomeriggio di quella domenica nella zona della vecchia stazione, e un amico di quest’ultimo, che Christopher neanche conosceva.

Decisive le differenti caratteristiche fisiche dei due ragazzi, considerando che il secondo, quello che, come riferisce anche il testimone, arriva dopo, è mancino. Un particolare che emerge ed è confermato dall’attento e meticoloso studio che il medico legale fa su ognuna delle 25 coltellate anche rispetto al verso in cui entra la lama e alla profondità. E da questa analisi, la conclusione è che le coltellate mortali, quelle che hanno attinto i polmoni, sarebbero le prime, quelle sferrate alla schiena, mentre la mano mancina avrebbe infierito su Christopher quando il ragazzo era già a terra agonizzante e, come ha riferito il testimone «faceva versi di morte».

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Un dettaglio non da poco che definirebbe le rispettive e differenti responsabilità dei due ragazzi, in carcere dallo scorso 24 giugno per concorso in omicidio con l’aggravante dei futili motivi e della crudeltà.
Ma il corpo di Christopher aggiunge dettagli e racconta quello che il povero ragazzo non potrà mai raccontare: tra tutti quei tagli, spicca un’ecchimosi sul volto: è probabilmente il segno lasciato dai calci che il 16enne ha ricevuto mentre, a terra esanime, riceveva le ultime coltellate. Quella finale è sulla parte posteriore della coscia destra. Così, ultimo sfregio a conclusione di quella barbarie.
Ora, sulla base delle risultanze dell’autopsia e da quello che a breve arriverà dall’accertamento genetico sul Dna, il procuratore David Mancini riascolterà, probabilmente già la prossima settimana, i due minorenni in carcere.

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