PESCARA
Consegna smartphone e droga a detenuti, agente polizia penitenziaria fermato per un anno
Il provvedimento di interdizione dal lavoro riguarda un assistente capo in servizio nella casa circondariale "San Donato". COMMENTI E REAZIONI
PESCARA. Si lascia corrompere in cambio di soldi e droga di cui è dipendente, consegna uno smartphone e sostanze stupefacenti ai detenuti ma viene scoperto e per un anno non può continuare a lavorare in carcere. La misura cautelare interdittiva, firmata il 14 marzo dal Gip del Tribunale di Pescara Nicola Colantonio, è stata notificata ieri dagli agenti della squadra mobile della questura a un assistente capo della polizia penitenziaria, in servizio nella casa circondariale "San Donato".
Le indagini complesse e articolate sono state avviate in seguito alle segnalazioni arrivate sia al direttore che al personale in servizio nell'istituto di pena pescarese. Gli agenti del servizio anti-droga della squadra mobile in collaborazione con la polizia penitenziaria hanno accertato che, tra aprile e giugno del 2022, mentre era al lavoro, in cambio di 400 euro, l'assistente capo ha consegnato a un detenuto uno smartphone.
In due altre occasioni ha ottenuto come compenso 2,5 grammi di cocaina e 2 grammi della stessa sostanza stupefacente dalla parente di un altro carcerato al quale ha fatto avere, una prima volta, 200 grammi di hashish e 20 di cocaina e la seconda volta 196 grammi di hashish e 18,8 di cocaina.
Il pm Anna Benigni aveva chiesto la misura cautelare degli arresti domiciliari, il Gip (Giudice per le indagini preliminari) Colantonio ha ritenuto l'allontanamento dal posto di lavoro per un anno in modo da scongiurare che l'assistente capo potesse reiterare i reati contro la pubblica amministrazione: corruzione aggravata dal fatto che l'agente in questione è un pubblico ufficiale.
COMMENTI E REAZIONI. "È inutile nascondere la grande amarezza che questo grave fatto ha determinato tra i colleghi di Pescara e dell’Abruzzo”, ma il corpo di polizia penitenziaria è una Istituzione sana", commenta il segretario generale del Sindacato autonomo polizia penitenziaria (Sappe), Donato Capece: "E’ del tutto evidente che rendersi responsabili di comportamenti che sono non solo contrari alla nostra etica professionale ma addirittura illegali perchè violano le norme penali è assolutamente ingiustificabile, tanto più se a porli in essere è chi svolge la delicata professione di poliziotto penitenziario".