Corona, furto su commissione
Potrebbe esserci un collezionista estero dietro i ladri del diadema
PESCARA. Furto su commissione: è l’ipotesi che sta prendendo corpo dietro il furto della corona d’oro della Madonna dei Sette Dolori. Dietro la banda che martedì 10, tra le 19 e le 20, ha compiuto l’atto sacrilego rubando nel convento ci sarebbe un collezionista, forse non italiano, ma di un’altra nazionalità e interessato ad arricchire la sua collezione.
Le indagini dei carabinieri guidati dal maggiore Pasquale Del Gaudio e accompagnate da quelle della squadra mobile diretta da Nicola Zupo, proseguono serrate per tentare di ritrovare la corona d’oro il cui valore è di circa 10-12 mila euro, ma che è circondata dalla devozione popolare di una città.
Si lavora sulla macchina, una station wagon, quella a cui apparterebbe la cappelliera, il divisorio che separa il bagagliaio dall’abitacolo, e che è stata ritrovata appoggiata alla statua di Padre Pio. E si lavora in più direzioni: sui rom, la pista al momento più battuta; ma anche su ladri appartenenti ad altre etnie che avrebbero potuto rubare la corona per consegnarla nella mani di un collezionista. In ambedue i casi, chi ha preso il diadema, in un orario in cui la zona è ancora viva, conosceva bene le abitudini dei frati e della zona. Infatti, non è esclusa la presenza di una talpa, di qualcuno che frequentasse il convento, un edificio in cui circolano tante persone e a cui si accede attraverso un cancello automatico.
E’ proprio attraverso questo che i ladri sono passati, martedì scorso, per rubare la corona d’oro. Una volta nel cortile, hanno forzato il portone e sono saliti al secondo piano del convento puntando alla stanza del parroco, padre Vincenzo Di Marcoberardino. Lì, nel bagno, c’era la cassaforte che conteneva, oltre la corona, 5-6 mila euro in contanti e una quindicina di monili tra braccialetti, catenine e anelli, offerte dei fedeli alla Madonna.
La presenza di un collezionista dietro il furto della corona segnerebbe anche una cesura rispetto al primo furto del diadema, quello compiuto il 24 marzo del 2000, sempre intorno alle 21. Nove anni fa, infatti, i ladri entrarono nel convento in cerca di soldi - il bottino fu di 40 milioni, una cifra che fece discutere i fedeli - e, solo dopo, si accorsero della corona d’oro. Dopo 4 giorni, fu la polizia a trovare la corona e a riconsegnarla ai fedeli. Secondo l’ultima ipotesi, quella del collezionista, i ladri sembrerebbero entrati nel convento, quindi, proprio mirando alla corona e non ai soldi.
Il diadema, cesellato da un orafo pennese nel 1907, presenta quattro formelle con i misteri della Passioni ed è arrichito da brillanti. Ma soltanto in pochissime occasioni la corona originale ha coperto il capo della Madonna dei Sette Dolori.
L’ultima volta risale al 2007, proprio nel centenario dell’incoronazione voluta per impreziosire la Vergine e il santuario che, all’epoca, stava acquistando importanza.
Attualmente, sulla Madonna dei Sette Dolori che si trova nella teca della chiesa più rappresentativa dei Colli e che ai primi di giugno va in processione, c’è infatti una corona fittizia. (p.au.)
Le indagini dei carabinieri guidati dal maggiore Pasquale Del Gaudio e accompagnate da quelle della squadra mobile diretta da Nicola Zupo, proseguono serrate per tentare di ritrovare la corona d’oro il cui valore è di circa 10-12 mila euro, ma che è circondata dalla devozione popolare di una città.
Si lavora sulla macchina, una station wagon, quella a cui apparterebbe la cappelliera, il divisorio che separa il bagagliaio dall’abitacolo, e che è stata ritrovata appoggiata alla statua di Padre Pio. E si lavora in più direzioni: sui rom, la pista al momento più battuta; ma anche su ladri appartenenti ad altre etnie che avrebbero potuto rubare la corona per consegnarla nella mani di un collezionista. In ambedue i casi, chi ha preso il diadema, in un orario in cui la zona è ancora viva, conosceva bene le abitudini dei frati e della zona. Infatti, non è esclusa la presenza di una talpa, di qualcuno che frequentasse il convento, un edificio in cui circolano tante persone e a cui si accede attraverso un cancello automatico.
E’ proprio attraverso questo che i ladri sono passati, martedì scorso, per rubare la corona d’oro. Una volta nel cortile, hanno forzato il portone e sono saliti al secondo piano del convento puntando alla stanza del parroco, padre Vincenzo Di Marcoberardino. Lì, nel bagno, c’era la cassaforte che conteneva, oltre la corona, 5-6 mila euro in contanti e una quindicina di monili tra braccialetti, catenine e anelli, offerte dei fedeli alla Madonna.
La presenza di un collezionista dietro il furto della corona segnerebbe anche una cesura rispetto al primo furto del diadema, quello compiuto il 24 marzo del 2000, sempre intorno alle 21. Nove anni fa, infatti, i ladri entrarono nel convento in cerca di soldi - il bottino fu di 40 milioni, una cifra che fece discutere i fedeli - e, solo dopo, si accorsero della corona d’oro. Dopo 4 giorni, fu la polizia a trovare la corona e a riconsegnarla ai fedeli. Secondo l’ultima ipotesi, quella del collezionista, i ladri sembrerebbero entrati nel convento, quindi, proprio mirando alla corona e non ai soldi.
Il diadema, cesellato da un orafo pennese nel 1907, presenta quattro formelle con i misteri della Passioni ed è arrichito da brillanti. Ma soltanto in pochissime occasioni la corona originale ha coperto il capo della Madonna dei Sette Dolori.
L’ultima volta risale al 2007, proprio nel centenario dell’incoronazione voluta per impreziosire la Vergine e il santuario che, all’epoca, stava acquistando importanza.
Attualmente, sulla Madonna dei Sette Dolori che si trova nella teca della chiesa più rappresentativa dei Colli e che ai primi di giugno va in processione, c’è infatti una corona fittizia. (p.au.)