Dal Garda a Paganica 600 km di amicizia

Nel frigorifero un carico di salsicce, trota sott’olio e caviale dell’Ungheria «Siamo un po’ distanti dal luogo del raduno ma siamo pieni di ottimismo»

L’AQUILA. Sui balconi della new town di Paganica 2 i canti alpini arrivano soffocati, vanno e vengono con il vento che li sposta di qua e di là. «Sul cappello che noi portiamo c’è una lunga penna nera che a noi serve da bandiera su pei monti a guerreggiar. Oilalà», è l’inconfondibile “Sul cappello”, che lascia il posto al più dolce dei canti delle penne nere, “Signore delle cime”.

Basta seguire i cori per trovarsi tra gli Alpini del Garda. Stazionano nell’area tende di Paganica, per questa sera niente immersione nel caotico centro storico, meglio restare a sorseggiare caffè al tavolo messo dalla piccola bottega “Il giardino dei sapori”, davanti a una buona scelta di dolci, salumi, pizza, fave e formaggio locali. Alpini che bevono caffè alle dieci di sera? E non vino, o birra? Claudio Saletti, con la sua parlantina, è il segretario del gruppo di Roè Volciano, un paese della Lombardia che insieme alle altre regioni del Nord Italia ha fornito storicamente il reclutamento maggiore di Alpini all’esercito italiano.

«Al Sud, invece, hanno i marinai», prova a spiegare Angelo Bergamini, il “comandante”, che ha fatto l’alpino a Napoli. «Il caffè serve per prepararci al vino!», confessa Saletti. Vogliono che il loro interlocutore si sieda subito in mezzo a loro. D’altra parte sono così questi alpini: avvolgenti come un abbraccio. E ti ritrovi dopo tre minuti con un cappello alpino sulla testa, il bicchiere di vino e le fave da sbucciare, come fossero gli amici di sempre. Dopo dieci minuti e uno scambio di foto (sono loro per la verità a scattare di più) hai già un invito per l’anno prossimo.

«In occasione del reclutamento sarai nostra ospite a Roè. Però», mette in guardia Giuseppe Bonetti, «devi stare per due giorni a digiuno, perché ti faremo mangiare il nostro “Spiedo”». Il vero spiedo bresciano è con pezzi di maiale, pollo, coniglio, patate. La bottega alimentare è a pochi metri dall’area tende in cui il gruppo di Roè Volciano alloggia, con un attendamento di 400 metri quadrati. È lì che avviene la consegna del gagliardetto ufficiale alla nuova conoscenza: un gesto di amicizia, non si dà a chiunque il prezioso simbolo alpino.

«Io sono stato due volte all’Aquila per portare aiuti ai terremotati nel periodo dell’emergenza», racconta Bonetti, che nel 1967 fece anche un mese di servizio militare alla caserma Rossi dell’Aquila, e poi al distaccamento di Teramo. Poi scopri che il più silenzioso del gruppo, Giuseppe Bianchi, 75 anni oggi, è invece il più scaltro. Nel frigo sistemato in un angolo della tenda, pieno di salsicce, barattoli di trota sott’olio fatta in casa dagli Alpini di Roè, c’è del caviale dell’Ungheria. «L’ho riportato ieri, lo giuro», dice Bianchi. Chissà se è vero. Sicuramente è vero che a cinque anni di età Mussolini lo prese in braccio in quel di Gargnano. Durante la Repubblica sociale italiana il duce visse a Villa Feltrinelli, dove la zia di Giuseppe prestava servizio come domestica. “Bianchi fece la pipì addosso al duce”, azzardano gli amici. Anche questa sarà forse una leggenda. Non lo è invece la passione che tutti loro mettono da almeno 40 anni nel seguire l’Adunata. «Non c’era mai capitato, in generale, di doverci sistemare così lontani dalla città sede del raduno», spiega Saletti, «con alcuni gruppi alpini che pernottano in altre regioni. A noi va bene così, perché siamo all’Aquila per portare una ventata di ottimismo». E poi, l’ultimo brindisi al ritmo di “Cin cin, evviva gli Alpin, cin cin”. Alle undici di sera nel campo tende di Paganica sono rimasti soltanto gli alpini lombardi, tutti gli altri sono a festeggiare con gli aquilani in centro storico.

Oltre ad alcuni gruppi abruzzesi, hanno scelto Paganica anche gli alpini di Mirabello Monferrato (Alessandria). Per loro la notte comincia con birra e chitarra in compagnia dei paganichesi e dei bazzanesi nel piazzale del bar On the road.

Giancarlo Piacenza è il loro capogruppo, 35 anni fa è stato sottotenente per sei mesi all’Aquila, oggi andrà a visitare il villaggio Map di Fossa: anche lui ha dato una mano, nei mesi terribili dell’emergenza, a costruire le casette dei terremotati.

Marianna Gianforte

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