Domenici: nessun pizzino contraffatti i miei appunti

2 Luglio 2013

PESCARA. Per la procura è quasi un pizzino scritto per piazzare nei posti che contano della sanità abruzzese i protetti dei politici a discapito dei funzionari «a schiena dritta». Ma quel foglio, ha...

PESCARA. Per la procura è quasi un pizzino scritto per piazzare nei posti che contano della sanità abruzzese i protetti dei politici a discapito dei funzionari «a schiena dritta». Ma quel foglio, ha detto ieri l’ex assessore regionale alla Sanità di Forza Italia Vito Domenici nell’aula 1 del tribunale di Pescara, «è solo un appunto preso durante una normale riunione di lavoro, lasciato su un tavolo e poi trafugato e finito tra gli atti dell’accusa». È stato Domenici il protagonista di un altra’udienza del processo sulla sanità che si avvicina verso la sentenza, attesa dall’ex governatore Ottaviano Del Turco e dagli altri imputati, il 20 luglio prossimo. «Quel foglio l’ho scritto io», ha detto Domenici, «ci sono nomi riferibili a me, ma ci sono anche nomi indicati da altri e che io non conosco, come l’avvocato Pietro Anello. E poi», ha sottolineato l’ex assessore, «c’è un’oggettiva anomalia: esistono due versioni del documento ma con le date scritte in modo diverso, una volta in corsivo e con numeri arabi e un’altra in cifre romane. Il fatto è che quella delle date non è la mia grafia e questo mi fa sorgere un dubbio». Dal foglio ha preso le mosse l’avvocato di Domenici, Francesco Carli: «È una delle tante anomalie di questo processo». Secondo Carli, «la lettura di quel disordinato brogliaccio» come un pilastro del reato di associazione per delinquere «rivela l’esistenza di un pregiudizio. Ma Domenici voleva un ribaltamento della sanità, un cambiamento che veniva da lontano visto un accordo Stato-Regione risalente al 2001». Carli ha parlato di un Abruzzo sul punto di non ritorno, in quegli anni, per i conti della sanità: «Fino al 2003 si erano accumulati un disavanzo colossale e un cronico disfunzionamento dovuti a Giovanni Carusi. Nel 2003 c’erano 251 milioni di euro di debiti che hanno costretto alle cartolarizzazioni e all’istituzione dell’ufficio unico degli acquisti, provvedimenti presi per sanare situazioni altrimenti non risolvibili». Per Carli, Domenici voleva fare «piazza pulita» ma «questo ha provocato il risentimento di quelle che la procura chiama le “schiene dritte” per la perdita di potere e, si sa, che una cosa del genere non è gradita e viene criminalizzata». Nella requisitoria, Carli ha addossato responsabilità anche a Dario Soria e Fulvio Catalano, quelli che per la procura, insieme a Carusi, sono gli esempi di funzionari regionali corretti: «Domenici va assolto», ha chiesto l’avvocato.

Ieri è stato anche il giorno della difesa di Francesco Di Stanislao, ex direttore dell’Agenzia sanitaria regionale: «Era solo un tecnico di supporto che non aveva valenza politica», ha detto l’avvocato Riccardo Pagani. In relazione al caso delle parole «affini ed equipollenti» inserite in una legge regionale per favorire Villa Pini – così per la procura –, la difesa ha spiegato: «Alla luce delle norme, non esiste quell’effetto dirompente di favorire Vincenzo Angelini. La tesi è infondata». E i dati sui ricoveri? «Erano pubblici, bastava cercarli».

Si è difeso anche Pierluigi Cosenza, ex dirigente Asl dell’Aquila ed ex responsabile delle Commissioni ispettive permanenti della Regione: «Era un modesto funzionario», ha detto l’avvocato Massimo Carosi, «che ha applicato le direttive dei superiori gerarchici». (p.l.)