Donne maltrattate, i dati «Più richieste di aiuto ma si tende a perdonare»
Oltre 500 studenti all’Aurum per la lezione con istituzioni e Ananke La responsabile del centro antiviolenza: coinvolte tutte le classi sociali
PESCARA. Ragazzini che girano coi coltellini in tasca, portandoli persino a scuola, pronti a usarli. Minorenni che spesso sono testimoni della furia scatenata in casa. È proprio ai giovani, più di 500 studenti di tutte le scuole superiori della città, che ieri mattina, in occasione della giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, il Comune si è rivolto nell’evento clou della rassegna “365 giorni no alla violenza sulle donne” promossa da cinque anni dall’assessorato alle Politiche sociali. Ad accogliere i ragazzi all’Aurum il sindaco Carlo Masci, l'assessore Adelchi Sulpizio, il prefetto Flavio Ferdani, l'ex presidente del Tribunale Angelo Mariano Bozza e il procuratore aggiunto Anna Rita Mantini.
La mattinata, aperta con un'esibizione del liceo MiBe, è stata l’occasione per tracciare il bilancio del centro antiviolenza Ananke. Nell'ultimo anno si è registrato un incremento del 2%, rispetto al precedente, delle chiamate di donne che hanno contattato il centro per la prima volta: 350, mentre nel 2023 erano state 325. 159 sono le donne che hanno poi iniziato un percorso. «Questo vuol dire», commenta la responsabile del centro, Anna Teresa Murolo, «che c’è ancora tanta vergogna e una tendenza a perdonare l’uomo maltrattante. Nonostante le tantissime sensibilizzazioni che vengono fatte, le donne hanno paura, ma spesso anche difficoltà, soprattutto perché non hanno una indipendenza economica, non hanno una casa, ed entrano in gioco motivazioni personali e psicologiche, come i sentimenti nei riguardi di un uomo che si è amato o il senso di responsabilità nel mantenere la famiglia unita».
La fotografia scattata da Ananke ritrae una violenza che si consuma per lo più in casa, per mano del partner (nel 49%) o di ex (35%), e a dispetto degli stereotipi non avviene sono nelle fasce marginali della popolazione, ma è trasversale alle classi sociali e alle condizioni economiche e culturali dei soggetti sociali. Le donne che si sono rivolte ad Ananke per il 51% dei casi sono occupate, di queste circa un 11% ha una situazione economica precaria, a cui si aggiunge un altro 36% di donne accolte prive di indipendenza economica. In grande maggioranza sono donne con figli a carico (68%): figli che hanno assistito alla violenza (66%) e/o subito la violenza (48%). «L’aumento di donne che si rivolgono ai centri antiviolenza può essere visto come un bicchiere mezzo vuoto, se pensiamo che c’è ancora tanta violenza, ma anche mezzo pieno, perché vuol dire che c’è molta consapevolezza», ha affermato Sulpizio, che ha annunciato che per la campagna del prossimo anno indirà un concorso rivolto agli studenti affinché disegnino una grafica e realizzino uno spot. «Abbiamo voluto coinvolgere oltre 500 ragazzi per ribadire il no alla violenza, perché riteniamo importante partire da loro». «Vogliamo far capire ai ragazzi», ha detto Masci, «che l’amore è amore e non può essere mai violenza. Quindi ai ragazzi diciamo che devono rispettare le ragazze e a quest’ultime che non devono accettare nessuna prepotenza». «Occorre cambiare la mentalità negli uomini, ma anche nelle donne per non accettare nessuna violenza», ha sottolineato Bozza. «Ormai è un problema sociale, da affrontare tra i giovanissimi che girano armati di coltelli come se niente fosse».