ABRUZZO / AMBIENTE
Fermo biologico, meno pescato locale a tavola
In Abruzzo il blocco scatta a Ferragosto e si protrarrà fino al 13 settembre. In attività solo la piccola pesca. Camplone (armatori): «Un po’ di riposo ci vuole»
PESCARA . Scatta dal 15 agosto e si protrae fino al 13 settembre il fermo pesca nel tratto di mare Adriatico compreso tra da San Benedetto del Tronto e Termoli. Niente pescato fresco locale, dunque, sulle tavole degli abruzzesi, per i 30 giorni previsti dal calendario contenuto nel decreto emanato dal ministero delle politiche agricole lo scorso 30 aprile. Un decreto che prevede date diverse, lungo le località della costa adriatica e parte della tirrenica. Per Sicilia e Sardegna il periodo di fermo, sempre di un mese, sarà fissato tra agosto e ottobre su indicazione delle Regioni.
L’interruzione temporanea riguarda le unità autorizzate all’esercizio dell’attività di pesca con l’utilizzo di reti a strascico a divergenti, “sfogliare rapidi” (utilizzati per la pesca di pesci piatti, come sogliole e rombi), reti gemelle a divergenti, ma non riguarda le unità abilitate alla pesca oceanica che operano oltre gli stretti.
I marittimi imbarcati sulle unità che saranno costrette a fermarsi, non per volontà dell’armatore, avranno diritto a ricevere un’indennità compensativa delle giornate di lavoro non effettuate.
Nel tratto di mare compreso tra Trieste e Ancona il fermo pesca è iniziato il 29 luglio, in occasione dell’Overshoot day, «il giorno», spiega Coldiretti Impresapesca, «in cui l’uomo ha già utilizzato tutte le risorse naturali che la Terra può rigenerare nell’intero 2019». Il senso del fermo biologico, infatti, è proprio quello di “risparmiare” le risorse del mare in modo da dare alle specie che vi vivono la possibilità di riprodursi. «La novità di quest’anno», spiega ancora Coldiretti Impresapesca, «è che in aggiunta ai periodi di fermo fissati, i pescherecci dovranno effettuare ulteriori giorni di blocco (da 7 a 17), a seconda dalla zona di pesca alla quale sono iscritti. A decidere le date, in questo caso, saranno direttamente i pescatori, che dovranno darne comunicazione scritta entro le 9 del giorno stesso.
«In un Paese come l’Italia, che importa dall’estero 8 pesci su 10», aggiunge Coldiretti Impresapesca, «nei territori interessati dal fermo biologico aumenta peraltro anche il rischio di ritrovarsi nel piatto per grigliate e fritture, soprattutto al ristorante, prodotto straniero o congelato se non si tratta di quello fresco Made in Italy proveniente dalle altre zone dove non è in atto il fermo pesca, dagli allevamenti nazionali o dalla seppur limitata produzione locale dovuta alle barche delle piccola pesca che possono ugualmente operare».
Meno drastico è il giudizio di Massimo Camplone, dell’Associazione armatori abruzzesi. «Non è una cosa fatta male», dice, «il fermo obbligatorio è un provvedimento che viene adottato tutti gli anni per consentire alle specie ittiche di riprodursi in tranquillità. Ci fermiamo molto volentieri, perché un po’ di riposo ci vuole, visto che ci tocca lavorare duramente per tutto l’anno. Alcuni di noi ne approfittano per fare qualche giorno di ferie, altri si dedicano alla manutenzione delle barche e delle reti». E il mare, senza la “pressione” dell’uomo, può rigenerare se stesso e e le specie viventi che lo abitano.
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