Forte: all’Abruzzo senza Gaspari manca una visione
L’arcivescovo di Chieti alla Fondazione PescarAbruzzo «Bisogna puntare sull’innovazione. No a Ombrina mare»
PESCARA. «Oggi non c’è più un Remo Gaspari che sull’elicottero carichi un Gianni Agnelli per fargli vedere in Abruzzo dove sorgerà la Fiat, cioè la Sevel». È questo un modello di sogno che ha proposto, ieri, monsignor Bruno Forte, arcivescovo dell’Arcidiocesi di Chieti-Vasto, in occasione di una lezione magistrale intitolata «Fra loro tutto era comune» e incentrata sul tema «Uniti per il bene comune. Etica e impegno sociopolitico alla luce del Vangelo per l’Abruzzo». Insomma, una sorta di vademecum del grande teologo offerto alla regione per un rilancio economico e culturale, che ha aperto una serie di incontri programmati dalla Fondazione PescarAbruzzo nell’ambito del progetto «Abruzzo 2020», «un’iniziativa», ha precisato il presidente Nicola Mattoscio, «volta a individuare le direttrici di sviluppo del futuro della regione».
Ed è sull’aspetto onirico che ha puntato Forte, a partire da Martin Luther King, e via via citando filosofi, teologi, letterati e politici del passato, da Emerson a Barth, da Bauman ad Alvaro, passando per Adenauer, de Gasperi, Sturzo, Bernardo Di Chiaravalle, don Milani, Desmond Tutu e Dostoevskij, fino a papa Francesco, senza tralasciare il «re » della pasta, Filippo De Cecco. Una «ricetta» per l’Abruzzo tra lavoro, sanità, giovani e ambiente, della quale ha preso nota il mondo produttivo e scientifico e le parti sociali presenti, come Enrico Marramiero e Luigi Di Giosaffatte di Confindustria, Gianni Taucci della Confesercenti, Graziano Di Costanzo della Cna, e poi i sindacalisti Maurizio Spina, Umberto Coccia e Roberto Campo, oltre al Rettore dell’Università d’Annunzio Carmine Di Ilio, l’economista Giuseppe Mauro, il costituzionalista Nicola Occhiocupo e il prefetto di Pescara, Vincenzo D’Antuono.
Dunque ancora Gaspari nel futuro della regione, con tutti i suoi aneliti. «I giovani oggi non sognano più. Adesso c’è una società liquida, dove gli individui sono delle isole di un grande arcipelago, nel quale ciascuno non ha niente in comune cogli altri», ha sottolineato il vescovo-teologo. «Perciò bisogno tornare ad avere una visione. La paura e l’abdicazione», prosegue forse tenendo ancora a mente il volo tutt’altro che pindarico di Gaspari, «si vincono solo con mete alte. Ora non siamo più abituati a queste cose, ma prima i cuori vibravano e c’era chi li faceva vibrare». E, come ingrediente, la propria consapevolezza. «Quando chiesi a De Cecco se fosse l’aria o l’acqua il segreto della pasta di Fara San Martino, egli mi rispose che erano i lavoratori».
Non sono mancati uno sprone a industria e terziario, con un occhio all’istruzione trait-d’union tra giovani e lavoro, e una tiratina d’orecchi agli istituti di credito. «Bisogna puntare sulla formazione e sull’innovazione tecnologica e il rapporto tra lavoro e università dev’essere costitutivo. Inoltre, le banche non dovrebbero negare i prestiti alle imprese». Una stoccata l'ha poi riservata al riassetto ospedaliero regionale e agli ambientalisti. «Com’è possibile», ha rimarcato Forte facendo pensare ancora a Gaspari, «che a Gissi un ospedale appena ristrutturato per milioni di euro, poi venga chiuso? È poi possibile», s'è chiesto, dopo aver ribadito il suo no ad Ombrina mare, «che, in città, a Parigi sia possibile installare un termovalorizzatore, mentre qui alcuni gruppi lo respingono?».
Ma il finale è stato di speranza, citando il principe Myskin di Dostoevskij. «La bellezza salverà il mondo. Ma quella condivisa». E chissà, forse anche l'Abruzzo.
Vito de Luca
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