Gambizzato dopo l’intimidazione
Agguato a un esperto di arti marziali sotto le case popolari di Rancitelli. Quattro giorni prima gli avevano bruciato l’auto
PESCARA. Prima le grida di una lite in via Lago di Capestrano, poi due spari: un proiettile buca la gamba di Massimo Rendine, 40 anni, sul curriculum una passione per le arti marziali e anche un arresto per droga risalente a 9 anni fa, l’altro gli si conficca in un muscolo della coscia e non si muove di un millimetro fino a quando i medici del Pronto soccorso non lo tolgono. Sono quasi le 22 di sabato scorso quando il messaggio va a segno. Succede sotto le case popolari di Rancitelli, all’altezza del numero civico 13, con le tapparelle ancora alzate ed è proprio una residente a raccontare alla polizia di aver sentito le urla provenire dalla strada e i due colpi in sequenza. «Hanno sparato due volte nel giro di pochi secondi», dice una voce al telefono chiedendo al 113 di intervenire. Poi, il silenzio e il fuggi fuggi: quando arrivano i poliziotti, in strada non c’è più quasi nessuno.
Gli investigatori della squadra mobile che indagano sul caso sono quasi certi di un’ipotesi: Rendine, un disoccuppato, sarebbe stato il bersaglio di una vendetta o di un’intimidazione e l’agguato contro di lui non avrebbe dovuto trasformarsi in un omicidio per nessun motivo. A dirlo ci sono due circostanze: il primo è che i colpi sono stati esplosi all’altezza delle gambe; il secondo è il rogo della macchina di Rendine, in via Giovannucci ai Colli, appena 4 giorni prima, nella notte tra martedì e mercoledì scorso. Un incendio doloso che ha distrutto la Fiat Punto bianca usata da Rendine e provocato danni anche a un’altra macchina, il Doblò di un rappresentante di prodotti per computer. Secondo la Mobile, guidata dal capo Pierfrancesco Muriana, c’è un filo a collegare i due episodi. Ma, alle prime domande dei poliziotti, Rendine risponde dicendo di non saperne niente.
Gli spari riportano al dopocena di sabato scorso, nella strada illuminata dai lampioni arancioni che taglia in due il quartiere popolare: dopo i colpi, Rendine, figlio di una nota famiglia di commercianti delle macchine da scrivere con un negozio ormai chiuso in via Pisa, finisce al Pronto soccorso accompagnato da un rom di Rancitelli. Secondo la versione fornita alla polizia, il rom, passando per caso in via Lago di Capestrano, si sarebbe accorto del ferito sul marciapiedi e fermato per soccorrerlo. Cosa è successo prima, il rom dice di non saperlo: «L’ho visto e l’ho aiutato, non so cosa è accaduto».
Arrivato al Pronto soccorso, Rendine è affidato ai medici: una ferita è subito suturata; mentre per rimuovere il proiettile rimasto nella gamba è necessario un intervento chirurgico. Al termine dell’operazione, Rendine non vuole restare in ospedale sotto osservazione: poco prima delle tre di notte, ormai fuori pericolo, firma il foglio delle dimissioni e tornato a casa, ai Colli. Gli è andata bene: la prognosi è di 20 giorni.
La polizia, intanto, batte via Lago di Capestrano alla ricerca delle tracce dei due colpi esplosi: a terra, però, gli agenti della Volante, guidati da Dante Cosentino, non trovano né bossoli né ogive. A sparare contro Rendine potrebbe essere stata una pistola a tamburo, forse, un revolver. Un aiuto ai poliziotti potrebbe arrivare dalle telecamere di sorveglianza installate in strada: i filmati potrebbero raccontare quello che è successo e che, finora, nessuno vuole rivelare.
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