Hotel Rigopiano, in alcune email della Regione la sottovalutazione del rischio valanghe
La Cassazione respinge il ricorso dei legali del Comune e del sindaco di Farindola sull'acquisizione delle email della Regione, ma nel frattempo la difesa ha potuto visionare la documentazione
FARINDOLA. È stato dichiarato inammissibile dalla Cassazione il ricorso presentato dai difensori del Comune di Farindola e dal sindaco di Farindola Ilario Lacchetta contro la decisione emessa lo scorso 5 luglio dal gip della Procura di Pescara - competente sulle indagini per la morte delle 29 persone causata dalla valanga di Rigopiano dello scorso 18 gennaio - che gli aveva negato l'accesso alle email e a tutto il materiale documentale sulla prevenzione delle valanghe della Regione Abruzzo. In particolare, la Quarta sezione penale della Suprema Corte, che si occupa di disastri colposi, ha dichiarato inammissibile il reclamo proposto dagli avvocati Massimo Manieri, Cristina Valentini e Goffredo Tatozzi, anche per conto del tecnico comunale di Farindola. Si tratta di email sul rischio valanghe e sulla gestione di questo rischio, una parte della quale nei giorni scorsi, dopo la proposizione del ricorso in Cassazione, è stato reso accessibile dalla Procura alle difese.
«Risulta dalle mail che, nonostante già dal 2012 si sapesse con esattezza quanto grande fosse il pericolo che i paesi e i territori abruzzesi correvano a causa delle valanghe e si fosse dunque deciso di provvedere a fronteggiarlo, per ragioni ancora ignote, il Dirigente competente dell'Ufficio rischio neve e valanghe, attuale dirigente di tutte la prevenzione rischi regionale, nel 2014 non chiese mai i fondi che occorrevano per procedere e la politica non stanziò mai questi fondi, sino a dopo la tragedia di Rigopiano». Lo sottolineano in un comunicato i legali del sindaco e del Comune di Rigopiano, e del tecnico comunale, dopo aver avuto modo di leggere il contenuto di alcune mail della Regione Abruzzo in seguito alla discovery disposta nei giorni scorsi dalla Procura di Pescara. Il dirigente, secondo i legali, «non inserì alcun fabbisogno nel documento di programmazione economica, nonostante proprio il suo Ufficio avesse urgentissimo bisogno di realizzare la Carta di Previsione delle valanghe».
«Nei giorni scorsi abbiamo finalmente ottenuto una parziale discovery del materiale investigativo della Procura», spiegano gli avvocati Massimo Manieri, Goffredo Tatozzi e Cristiana Valentini, sottolineando che probabilmente per questo, a loro avviso, la Cassazione ha dichiarato inammissibile il loro ricorso, anche se per averne certezza occorre aspettare le motivazioni dei supremi giudici. Delle email visionate, i legali affermano che «i contenuti sono di importanza nodale per l'inchiesta: da esse emerge che l'ingegner Caputi, all'epoca direttore dei lavori pubblici della Regione, già dal 2012 ordinò agli Uffici competenti della Protezione civile regionale di tracciare con precisione tutti i rischi del territorio abruzzese; che i rischi incombenti sui territori dell'Abruzzo montano furono effettivamente delineati e si decise di avviare una altrettanto precisa ricognizione dei rischi valanghe e successiva pianificazione di procedure atte a fronteggiare situazioni di pericolo, mettendo poi in programma propria la redazione della Clpv, la Carta per la prevenzione del rischio valanghe, per tutto il territorio abruzzese». In base al materiale che hanno avuto modo di visionare i legali, «questo panorama di pericolo da neve e valanghe che aveva già provocato gravi perdite economiche e di vite umane, venne rappresentato all'organo politico». «Le email attestano pure che il circolo virtuoso si interruppe bruscamente nel 2014, allorquando il dirigente dell'ufficio rischio neve e valanghe, il dottor Sabatino Belmaggio (attuale dirigente di tutta la prevenzione rischi regionale, promosso a tale ruolo solo qualche giorno dopo la tragedia di Rigopiano) non inserì alcun fabbisogno nel documento di programmazione economica, nonostante proprio il suo Ufficio avesse urgentissimo bisogno di risorse per realizzare la Carta di previsione delle valanghe», concludono i legali.