Il lago diventa una palude

Strato di melma sull’acqua, spuntano anche i pesci morti.

PESCARA. Dopo la strage di oche, con 34 esemplari morti su cinquanta a causa di un’infezione, la cartolina della pineta d’Avalos ritrae il laghetto ricoperto da uno strato di melma. Una palude nella riserva naturale. Nell’acqua sporca galleggia anche un pesce morto, simbolo del degrado del polmone verde pescarese. E le oche? Alla pineta sono scomparse: non resta che dare da mangiare ai piccioni. Le 16 oche rimaste sono nascoste tutte sull’isolotto al centro del laghetto. Per i visitatori della domenica, dunque, la pineta mostra il suo lato B, quello peggiore con il laghetto stagnante di acqua putrida e basta. Senza animali, gli osservati speciali dei bambini. La colonia di tartarughe, alla ricerca del sole sui rami degli alberi a pelo d’acqua, non fa neanche caso all’acqua sporca: secondo il veterinario della Asl di Pescara Carlo Ruggeri, l’infezione che ha stroncato le oche non è in grado di attaccare anche le tartarughe.

Se l’infezione non annienta le tartarughe, adesso è il velo d’acqua putrida che ricopre il laghetto la causa della morte dei pesci, ultima tegola sulla pineta: nella parte sud del laghetto, ecco un pesce morto che, circondato dalle mosche, galleggia su uno strato di melma. Secondo Ruggeri, l’inquinamento del laghetto, prodotto nel tempo dagli escrementi degli animali e amplificato dal caldo con la temperatura superiore ai trenta gradi, è in grado di uccidere i pesci. Una morte lenta ma sicura: nel laghetto ridotto a un acquitrino, l’ossigeno diventa un latitante e la sporcizia forma un velo sulle branchie dei pesci impedendo, a poco a poco, il loro respiro. L’effetto è la morte. Dalla strage di oche alla morte dei pesci: il laghetto della pineta, da fiore all’occhiello della riserva naturale di Portanuova, si trasforma in un luogo degradato, come testimonia anche una panchina ricoperta di resina ed escrementi.

Il caso delle oche è emblematico: su 50 esemplari censiti, oggi ce ne sono soltanto 16. Però, a ferragosto e ieri non sono state contate altre morti: dopo i ritardi per problemi burocratici, il Comune ha avviato il trattamento medico delle oche con i farmaci mischiati al mangime. Ma per fare chiarezza sulla morte delle oche, oggi è previsto il sopralluogo degli esperti dell’Istituto zooprofilattico di Teramo accompagnati da Ruggeri: l’obiettivo è capire perché le oche siano morte. Le analisi sulle carcasse, finora, non hanno evidenziato con certezza il virus che le ha stroncate. «Isolare l’agente patogeno, complice il caldo di questi giorni, non è un’impresa semplice», spiega il veterinario Ruggeri. Quello che è certo è che dietro la morìa dello oche non c’è la mano dei teppisti: «Il dolo è escluso», conferma Ruggeri. Resta il laghetto-palude, un’altra verità inconfutabile. Si tratta di uno spazio d’acqua della profondità di un metro circa. Il ricambio dell’acqua è assicurato soltanto dalle due fontane zampillanti: non è abbastanza per garantire la vita degli animali nel laghetto.