L’addio a Ricciuti, spinse l’Abruzzo verso il futuro 

Muore a 94 anni uno degli ultimi baluardi della Dc, camera ardente in Emiciclo

L'AQUILA. L'Abruzzo perde Romeo Ricciuti, uno degli ultimi baluardi della Dc. L'uomo del fare che, nella stagione d'oro dello Scudo crociato, si adoperò per la realizzazione dell'Istituto nazionale di fisica nucleare sotto il Gran Sasso, dell'autostrada per Roma, degli impianti idrici nella Marsica e che portò all'Aquila l'ex Italtel, la più grande fabbrica del territorio, con i suoi 5mila occupati. Un ruolo determinante, il suo, nello sviluppo dell'Abruzzo a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta.
Ricciuti, esponente della corrente "fanfaniana" della Democrazia cristiana, ex presidente della Regione Abruzzo, ex sottosegretario di Stato all’Industria e all’agricoltura, per appena dodici giorni sindaco dell'Aquila, dal 12 al 24 ottobre 1985, si è spento ieri all'età di 94 anni. Originario di Giuliano Teatino, parte da un centro di campagna, il paese delle ciliegie, e trova all'Aquila il terreno fertile per fare politica in maniera "antica" e concreta, com'era nello stile dei democristiani della vecchia guardia.
Con in tasca una laurea in giurisprudenza, diventa esponente della Coldiretti, arrivando a ricoprire il ruolo di direttore di federazione. Ed è proprio ai coltivatori diretti, in quell'humus fatto di braccia per lavorare e sudore sulla fronte, che Ricciuti resterà legato per l'intera vita. Un'esistenza dove la politica ha assunto un ruolo preponderante: eletto nel 1970 in Consiglio regionale, nel 1977 diventa presidente della Regione Abruzzo fino al 1981. Viene eletto alla Camera dei deputati nel 1983, riconfermato nel 1987 e nel 1992.
Nel corso del mandato parlamentare ricopre diversi incarichi: durante la IX legislatura, dal 12 luglio 1983 al 1° agosto 1986, è membro della Commissione lavoro, assistenza e previdenza sociale e della IX Commissione lavori pubblici, dal 27 gennaio 1984 al 1º luglio 1987. Dal 4 agosto 1987 al 22 aprile 1992 è componente della Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici. Infine, entra a far parte della Commissione difesa, dal 9 giugno 1992 al 19 maggio 1993; della V Commissione bilancio, tesoro e programmazione, dal 19 maggio 1993 al 14 aprile 1994, e della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno della mafia e sulle altre associazioni criminali, dal 23 settembre 1992 al 14 aprile 1994. Nella sua lunga carriera politica ha ricoperto anche incarichi governativi: sottosegretario di Stato al ministero dell'Industria, commercio e artigianato nel governo Goria, nel biennio 1987-1988 e sottosegretario al ministero dell'Agricoltura e foreste nei governi Andreotti dal 1989 al 1992.
Nel 1994 lascia definitivamente la politica e viene nominato presidente di Selex Es dal governo Berlusconi. Tra le numerose funzioni va annoverata anche quella di presidente del Circolo Aquilano, la più antica associazione della città dell'Aquila.
Un curriculum che si incastra alla perfezione con il pieno e infaticabile impegno per l'Abruzzo, testimoniato dal cordoglio bipartisan arrivato dal mondo della politica per i suoi trascorsi a servizio del territorio che gli ha dato i natali e per quell'azione sul campo e da uomo di governo, che ne hanno fatto "un pezzo di storia d'Abruzzo".
«Un uomo che, nonostante gli impegni», ricorda il figlio Luca, ex consigliere regionale, «è sempre stato presente in famiglia, nei momenti fondamentali. Duro di carattere, a tratti coriaceo, si lasciava andare ad un affetto paterno sorprendente. L'insegnamento più grande trasmesso a noi figli e all'intera comunità è stato questo: chi fa politica non deve avere i soldi, deve essere povero. Così intendeva la politica sana, quella del costruire, soprattutto per i più deboli».
Luca Ricciuti rimanda ad un'immagine dell'Abruzzo antico e autentico: «Ricordo, durante una delle mie campagne elettorali, di aver visitato la Marsica e la Valle Roveto. Ebbene, qui le vedove vestite a lutto portavano al collo una medaglietta d'oro con la doppia immagine: del marito e di mio padre. La testimonianza più forte di quanto quelle donne, contadine e figlie di contadini, nutrissero un profondo sentimento di gratitudine verso chi aveva offerto loro un aiuto concreto. I suoi amici erano i coltivatori diretti, il popolo, la gente. L'Abruzzo deve moltissimo a lui come a Lorenzo Natali».
Ricciuti, oltre al figlio Luca, lascia la moglie Eleonora, la figlia Paola e cinque nipoti. Nella camera ardente, allestita nel primo pomeriggio di ieri nella sede dell'Emiciclo, all'Aquila, e che resterà aperta dalle 8 di stamattina fino ai funerali, un via vai di esponenti istituzionali e comuni cittadini, senza distinzioni di bandiera. La città dove Ricciuti, politico di lungo corso, ha annodato i fili del suo agire quotidiano ha voluto tributargli un ultimo saluto, prima delle esequie che si terranno oggi, alle 15, nella Basilica di Collemaggio.
«Un politico d'altri tempi», dice il figlio Luca, «che ha saputo interpretare con umiltà e dedizione i bisogni della sua terra e della sua comunità». Ricciuti è stato anche presidente del Centro Studi Italiani nel Mondo "Lorenzo Natali", teso a promuovere e stimolare lo studio e l'approfondimento dei problemi dalla cui soluzione dipende lo sviluppo civile, economico, sociale e culturale dei cittadini italiani nel contesto nazionale, europeo ed internazionale, attraverso iniziative pubbliche e attività scientifiche e politiche. «Uno strumento», come lo definì lo stesso Ricciuti che è stato, tra l'altro, firmatario della prima legge per gli emigrati, «che serve a mantenere vivo il collegamento degli abruzzesi nel mondo con la loro terra d'origine».
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