Vincenzo Bevilacqua tra i due figli

L’ultimo sorriso: la festa con il padre 

Vincenzo Bevilacqua aveva ottenuto dal carcere un permesso premio di 6 ore

MONTESILVANO. «Bentornato... da tutta la tua famiglia». C’era questa dedica sulla torta per festeggiare il ritorno a casa del capostipite dei Bevilacqua, Vincenzo. Venerdì ha ottenuto un permesso premio di sei ore, il primo dopo un lungo periodo in carcere.
Ecco perché i suoi familiari hanno organizzato una festa in suo onore. E lo hanno accolto in un ristorante, dove Antonio era seduto a fianco al padre.
È stata una giornata speciale e nessuno dei componenti della famiglia rom avrebbe mai detto che Antonio, di appena 21 anni, sarebbe morto poche ore dopo la festa, ucciso da un killer armato di fucile che gli ha sparato un colpo in volto.
Venerdì doveva essere un giorno di gioia per tutti perché Bevilacqua ha avuto la possibilità di trascorrere alcune ore con i suoi cari. Il capofamiglia, difeso dall’avvocato Giancarlo De Marco, è in carcere da tempo dovendo scontare una pena (18 anni, inizialmente erano 26) per l'omicidio di Domenico D'Alfonso, avvenuto nel 1999 a Rionero in Vulture (Potenza) e maturato nell'ambito del clan mafioso Cassotta.
Ma Bevilacqua, arrivato nel 2005 a Montesilvano (da Potenza) e proprietario di una concessionaria di auto, è finito nei guai anche per altre vicende, negli ultimi anni. Nei suoi confronti sono scattati arresti e denunce per vari reati, tra cui truffa, droga, usura, estorsione e, a marzo del 2013, ha subito un maxi sequestro di immobili da parte di Guardia di finanza, polizia e carabinieri.
Gli investigatori si erano concentrati sul capostipite dei Bevilacqua, all’epoca, perché possedeva beni immobili per circa un milione di euro ma per anni aveva dichiarato redditi solo per alcune migliaia di euro, per cui si ipotizzava che le ricchezze della famiglia derivassero dall’attività illecita del capostipite, sposato e padre di tre figli. Di qui il blocco dei beni, come previsto dalla normativa antimafia, applicata più volte in provincia di Pescara, specie nei confronti di famiglie rom.
Il ruolo di Bevilacqua sarebbe stato centrale anche in una organizzazione, scoperta e smantellata dalla polizia stradale di Pescara, che si occupava di riciclare auto rubate. Era il 2011 quando lo stesso Bevilacqua è stato arrestato e con lui sono finite ai domiciliari altre sei persone mentre altre quattro sono state sottoposte all’obbligo di dimora e 36 mezzi sono stati sequestrati.
Tra i veicoli finiti in questo giro, secondo l’accusa, anche una Ferrari, una Porsche, una Maserati, due camper e quattro mezzi da cantiere. (f.bu.)
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