I roghi per strada e sullo sfondo l'Arc de Triomphe

TESTIMONE A PARIGI

La nipote del pilota Fangio: «In ostaggio dei gilet gialli» 

La famiglia di Anna, originaria del Chietino, è titolare di una catena di ristoranti:  «Siamo qui dagli anni 60, ma adesso ogni sabato sembra un film dell’orrore»

PESCARA . Un altro sabato è passato, e sull’Avenue degli Champs-Elysées, dopo la 18ª mobilitazione dei gilet gialli e le violenze dei casseur, lo scenario è da guerriglia urbana. Cassonetti dati alle fiamme, vetrine dei negozi sfondate, gendarmerie in tenuta anti-sommossa, maschere antigas, arresti. E infine, l’inevitabile conta dei danni.

Anna Fangio durante l'intervista

LA NIPOTE DI FANGIO. «È una situazione orribile», dice Anna Fangio, originaria di Castiglione Messer Marino, in provincia di Chieti, che da 50 anni vive in Francia. Anna è la nipote di Juan Miguel Fangio, “El Chueco” , il pilota italo-argentino cinque volte campione del mondo. Anna, assieme alla famiglia, è titolare di una catena di ristoranti a Parigi, che da tempo ha varcato anche i confini francesi. Uno dei locali, lo storico Pizza Vesuvio, si affaccia proprio sugli Champs-Elysées.
UN INCUBO. «Siamo indignati», dice, «e nello stesso tempo ci chiediamo quando finirà. È una crisi profonda, e non si riesce a trovare una soluzione per poter vivere tranquilli. Sono 18 settimane, ormai, che va avanti questa situazione e i negozi, anche quelli più famosi, non lavorano più. Molti sono stati costretti a chiudere a causa della devastazione continua e della violenza incontrollabile. I turisti non vengono più, e l’economia va sempre più male». Ora il presidente Emmanuel Macron, dopo la 18ª protesta, ha manifestato l’intenzione di vietare le manifestazioni sugli Champs-Elysées, ma a più di 4 mesi dall’inizio delle proteste, i titolari delle attività commerciali sono esausti.
IL PIONIERE. Il primo a partire da Castiglione Messer Marino è Domenico Fangio, fratello di Anna. È il 1963 quando, dopo aver frequentato la scuola alberghiera di Silvi Marina e tre stage al Grand Hotel di Vittel, “chez George” a Lione, e all’Hotel Ritz di Parigi, con il socio Bruno Veggian di Rovigno, ma cittadino francese, apre la prima Pizzeria Vesuvio al n.33 di Rue des Ecoles, in pieno Quartiere Latino, nella stessa strada del College de France e a pochi passi dall’Università La Sorbonne. Domenico ha 22 anni, e riesce nell’impresa grazie al papà Pasquale che gli dà fiducia e sostegno economico, firmando cambiali (e gli occhi di Anna, per un attimo, si velano di emozione), per consentirgli di realizzare il suo sogno. Poco tempo dopo invita il fratello Luciano, di un anno più giovane, a raggiungerlo a Parigi. Nel 1965 i due fratelli aprono un secondo ristorante in Rue de la Montagne Saint Genevieve, e nel 1966 rilevano l’intera proprietà della Vesuvio. È l’inizio di un impero commerciale.

L'esterno del ristorante Vesuvio, sull'avenue degli Champs Elysées

Nel 1968 anche Anna arriva a Parigi, e nel 1969, sempre sotto il logo Vesuvio, i Fangio ampliano la loro attività al 145 di Boulevard Saint Germain, di fronte all’ antica Chiesa omonima, e con i due locali più famosi del quartiere, il Caffe Flore e quello dei Deux Magots.
Nel 1973 i Fangio si installano anche accanto all’Arco di Trionfo, al numero 144 dell’Avenue des Champs Elysées e al 24 rue Quentin Bauchart. Nel 1981 i Fangio - pur continuando a vivere e a lavorare a Parigi - ampliano la loro fortunata serie di ristoranti agli Stati Uniti, aprendo locali a Los Angeles, avendo scoperto di poter gestire l’intera organizzazione anche a distanza (e non c’erano ancora i telefonini).
IL CAMPIONE. E Anna, che ricordi ha del grande campione di automobilismo? «Era il cugino di papà», racconta, «arrivava all’improvviso, sapevo che faceva parte della famiglia, ma non si vedeva quasi mai. Una volta, ricordo, quando arrivò a Castiglione Messer Marino ad aspettarlo c’era la banda. Un’accoglienza in pompa magna. Era presente l’arcivescovo, e noi ragazzini con i fiori in mano».
IL FUTURO E LA PAURA. Oggi è martedì, e a Parigi, sull’Avenue Champs-Elysées, i segni della devastazione di sabato scorso sono ancora ben visibili. E il timore è per quello che potrà succedere sabato prossimo. Dopo gli incidenti della scorsa settimana il premier francese, Edouard Philippe, ha annunciato che da ora in poi le manifestazioni dei gilet gialli saranno vietate nei quartieri più colpiti dalla furia devastatrice dei casseur, «gli Champs-Elysées a Parigi, Place Pey-Berland a Bordeaux e Place du Capitole a Tolosa». In conferenza stampa, il premier ha annunciato il rafforzamento della «dottrina in materia di ordine pubblico», aggiungendo poi che si tratta «anzitutto di proteggere il diritto di manifestare». «Non confondo i casseur con la stragrande maggioranza dei gilet gialli che, tra l’altro, oggi non manifestano più», ha continuato Philippe, sottolineando che tutti coloro che «partecipano a queste manifestazioni non dichiarate si rendono complici. La loro unica rivendicazione», ha avvertito durante l’incontro con i media a Matignon, equivalente parigino di Palazzo Chigi, «è la violenza». Quindi l’espressa volontà di rendere più salate le multe per chi partecipa a manifestazioni vietate e di fornire nuovi equipaggiamenti agli agenti impegnati sul terreno, tra cui droni e mezzi video. Le misure annunciate dal premier, tra cui il licenziamento del prefetto di Parigi, Michel Delpuech, sostituito in corsa da Didier Lallement, sono state decise durante una riunione presieduta da Macron a fine mattinata all’Eliseo, in presenza dello stesso Philippe e con i ministri responsabili della Giustizia e dell’Interno, Nicole Belloubet, Christophe Castaner e Laurent Nunez.
«Sabato scorso», conclude Anna Fangio, «sembrava di vivere in un film dell’orrore. Una situazione irreale».

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