La storia del cuoco Saman: «Senza lavoro, da un mese abito dentro il sottopasso»

24 Maggio 2024

Un 43enne originario dello Sri Lanka adottato dai residenti di Porta Nuova Vive grazie alla generosità dei cittadini: «Ma mi hanno derubato, cerco aiuto»

PESCARA. «No, non mi vergogno di stare qui. E di cosa mi dovrei vergognare?». Saman, 43 anni e originario dello Sri Lanka, dispensa sorrisi a tutti quelli che, da più di un mese, passano nella sua nuova casa. Coperte piegate, bottigliette d’acqua e cuscini messi uno sull’altro. Questo è tutto quello che ha, tutto quello che gli è rimasto da quando ha perso il suo lavoro da cuoco. O meglio: «Da quando il mio padrone mi ha preso in giro e non si è fatto più sentire». Questa è la storia di Saman: la sua casa è il sottopasso di via Giustino De Cecco, tra gli appartamenti in fila di via Ciglia e un supermercato in via Italia. A pochi metri da Saman, scorre la vita normale della città: anche di notte i giovani escono dal supermercato con le buste piene, pronti per la movida.
AMICO DI TUTTI Saman parla bene l’italiano: «Eh, sto qui da 13 anni», dice mentre se ne sta disteso su un mucchio di coperte, la testa su un cuscino adagiato alla base di un pilone di cemento annerito dallo smog. Saman è un cuoco: «So cucinare cinese, giapponese, italiano, so cucinare tutto». Ma Saman non ha più una cucina in cui lavorare: «Mi avevano promesso un lavoro qui a Pescara, ma il padrone mi ha fregato e non si è fatto più sentire. Mi ha detto che mi veniva a prendere, ma non si è presentato». Da quell’appuntamento saltato, Saman abita nel sottopasso: un giorno dopo l’altro, è passato più di un mese. Saman non è un invisibile, ormai qui lo conoscono tutti: «Ciao amico», ripete lui alle persone che camminano a piedi, in bici o sfilano con la macchina e lo salutano con un colpo di clacson. Saman è il senzatetto amico di tutti. Come nel film “The Terminal”, con Tom Hanks che vive nell’aeroporto di New York, così Saman passa le sue giornate in un buco di cemento: vive in un limbo della città. Ma nel film, tra le minacce dei cattivi e gli slanci di generosità dei buoni, Viktor Navorski si ingegna per invertire la rotta incrinata del suo destino di persona senza più una casa e una terra; nella vita vera, Saman ha perso la speranza che può fare qualcosa per cambiare il corso degli accadimenti: «Non c’è posto da nessuna parte per me», dice, «non c’è lavoro neanche sulla riviera».
LA STORIA DI SAMAN Nello Sri Lanka lavorava in un’agenzia di viaggi, poi l’azzardo di lasciare tutto e partire con la moglie per cercare un po’ di fortuna in Italia. Saman con la moglie è arrivato a Bari: «Lì, 13 anni fa, è nato mio figlio. Si chiama Francesco Dulan». Ma le cose sono andate male, la coppia si è rotta e Saman ha preso a girare l’Italia a caccia di lavoro: dopo Chieti, ecco Pescara. Al collo indossa un portafortuna indu, in tasca i santini della Madonna e i biglietti da visita dei ristoranti della zona in cui ha già lavorato: «Ma io non sono fortunato». Sono settimane che non sente il figlio. Nel suo paese, ad aspettare Saman, c’è sua madre di 83 anni che spera in una telefonata. Ma per adesso il telefono non suonerà. «È anziana, vive con un rene solo e voleva sentirmi sempre prima di dormire».
«QUI NON SI DORME MAI» Sotto il ponte di via De Cecco non si dorme. Saman ormai conosce ogni rumore, si gira e rigira di continuo mentre racconta la sua odissea. Lui, sa distinguere i rumori della città, i passanti buoni da quelli cattivi che gli vogliono fare del male. Sì, perché anche se vivi sotto un ponte, non hai un soldo e niente di valore, sei comunque una preda nel buio della notte. «Non puoi dormire», racconta Saman, «poggi un po’ la testa sul muro e chiudi gli occhi, ma non si dorme. Altrimenti ti vengono a rubare». Qualche giorno fa, Saman ha denunciato alla polizia il furto di cellulare e portafogli. «Mi hanno addormentato con una bomboletta», racconta, «ci sono tanti drogati qui».
GLI AIUTI NELLA NOTTE Tuta grigia, tre maglioni messi uno sull’altro e un cappellino in lana bordeaux. «Qui sotto ho anche altri vestiti», dice Saman indicando dei bustoni nascosti sotto le sue coperte. Anche senza una casa, Saman ha il suo rituale quotidiano: quando è ancora presto e la città dorme, si lava in un anfratto con le bottiglie d’acqua e un sapone, poi torna a presidiare la sua proprietà che si trova a poche centinaia di metri dalla Cittadella dell’accoglienza. «Sono andato lì per chiedere aiuto», racconta, «ma era tutto pieno». Lungo il sottopasso di via De Cecco passa un ragazzo, lo saluta con un sorriso e gli dà 10 euro: «Io non chiedo soldi», gli dice Saman. Il ragazzo dice che non fa niente e va via. Saman chiede «una soluzione». C’è una Pescara che aiuta il cittadino del sottopasso: «Una signora mi ha chiesto cosa mi piace e io le ho detto: risotto ai frutti di mare. È tornata con una porzione: l’ho mangiata metà ieri e metà oggi». Una donna gli ha portato un letto pieghevole: «Ma io non lo posso tenere qui anche se è piccolo e se si ripiega».
IL SUPEREROE Nella tasca della felpa di Saman c’è un pupazzo di Spiderman: «Me l’ha regalato un bambino, quando me lo ha dato piangeva per l’emozione: mi ha detto “mi dispiace che sei qui”. Guarda, è nuovo», sorride e mostra l’etichetta. Saman, con in tasca il mito dei piccoli, adesso spera in un aiuto che possa cambiare il suo domani. Come va Saman? «Sono ancora vivo», risponde e regala un altro sorriso.