Le dimissioni di Benedetto XVI Pedofilia, Ior, il “Corvo”: le croci di Ratzinger

Un pontificato segnato da gravi problemi: nel 2006 lo scandalo dei preti sessualmente deviati scuote la Chiesa

ROMA. Sette anni, dieci mesi e nove giorni, tanto sarà durato il pontificato di Benedetto XVI quando il 28 febbraio prossimo rinuncerà a guidare la Chiesa, lasciando al suo successore molte questioni aperte. Otto anni difficili, attraversati da una profonda crisi della Chiesa scossa da scandali e da rapporti complicati all’interno del Vaticano. Il timido teologo che, suo malgrado, è stato chiamato a succedere a Giovanni Paolo II si è trovato ad affrontare tempi davvero non facili e neanche il motto scelto per il pontificato, «Cooperatores veritatis», collaboratore della verità, lo ha messo al riparo da scandali, bufere mediatiche e tensioni con le altre confessioni religiose. Lo scandalo dei preti pedofili, il ciclone Ior con il brusco cambio al vertice della banca vaticana, lo scandalo Vatileaks con la rivelazione di carte segrete vaticane e lettere dello stesso Papa che ha portato alla condanna del suo maggiordomo, Paolo Gabriele, il «Corvo», successivamente graziato dallo stesso Ratzinger. E poi ancora la battaglia contro il processo di secolarizzazione della società occidentale e la chiusura totale su eutanasia, aborto, anticoncezionali, sacerdozio dei preti e fine vita con il dramma di Emanuela Englaro e di suo padre, Beppino.

Il suo pontificato si apre con un discorso, pronunciato a Ratisbona, che scatena le ire del mondo musulmano per una frase dell’imperatore Manuele II che si presta a una lettura negativa nei confronti del pensiero di Maometto. Non era intenzione del Papa offendere il Profeta ma il caso necessità di scuse e dichiarazioni pubbliche per essere chiuso. E difficili saranno anche i rapporti con Israele e con le comunità ebraiche per la decisione di Benedetto XII di beatificare Pio XII, il Papa da più parti accusato di non aver difeso gli ebrei durante la seconda guerra mondiale. E ancora tensioni con ortodossi e anglicani hanno provocato i documenti di Ratzinger nei quali la Chiesa cattolica viene definita come «l’unica, vera» Chiesa cristiana.

Ma la stagione di Benedetto è soprattutto quella nella quale la tragedia della pedofilia nella Chiesa viene finalmente allo scoperto. Tutto comincia dalla valanga di denuncie che arrivano prima dall’Irlanda e dopo dagli Stati Uniti. Centinaia di persone denunciano gli abusi e le molestie che hanno subito bambini e minori affidati alla cure dei parroci. Le rivelazioni erano già cominciate prima dell’arrivo di papa Ratzinger, nell’aprile del 2005, ma è nel 2006 che il caso deflagra su tutti i media del mondo con la Chiesa nella parte dell’imputato. Denunce arrivano dall’America Latina e dall’Europa. Persino Ratzinger deve difendersi dal sospetto di aver nascosto nella sua diocesi in Baviera un prete sospettato di atti di pedofilia. Il Papa parla degli abusi commessi dal clero come di «crimini enormi», raccomanda di «stabilire sempre la verità» «portando sostegno alle vittime». A Malta nel 2010 decide di incontrare personalmente alcune delle vittime. A loro chiede scusa a nome della Chisa e, racconteranno i testimoni, piange per l’emozione.

Sempre nel 2010, in piena crisi economica mondiale, lo Ior torna al centro di uno scandalo mondiale. La banca vaticana è accusata di aver violato le norme antiriciclaggio. A guidare l’Istituto è un banchiere di piena fiducia del Papa, Ettore Gotti Tedeschi. L’inchiesta è ancora in corso quando la commissione cardinalizia di vigilanza, presieduta dal segretario di Stato, Tarcisio Bertone, sfiducia Gotti Tedeschi nel frattempo interrogato da varie procure. Ed è senza precedenti anche lo scandalo Vatileaks. Dall’appartamento del Papa spariscono documenti e carte, anche molto personali che finiscono in un libro e su tutti i giornali. Il «corvo» è Paolo Gabriele, il suo maggiordomo personale. Viene condannato e poi graziato. La vicenda rivela gli intrighi di Curia e i veleni che circolano Oltretevere.

©RIPRODUZIONE RISERVATA