Montesilvano, Mario e la Sla: una guerra lunga 13 anni / Video
Moglie coraggio racconta le sue giornate tra i tagli della politica e i rigidi protocolli Asl: senza assistenza i pazienti muoiono
PESCARA. Mario Ballarini ha 62 anni, abita a Montesilvano e tifa per la Juventus: sul comodino accanto al letto, tiene un cappellino bianconero e un pallone. Vive in via Campania, Ballarini, ex panificatore sulle piattaforme petrolifere, a un chilometro dalla tabaccheria De Simone, angolo corso Umberto-viale Europa, proprio dove lunedì mattina si sono messi in fila più di cento tifosi a caccia di un biglietto per Pescara-Juventus di sabato all’Adriatico. In fila Ballarini non c’era: nel 1995 è arrivata la prima diagnosi di Sla, la sclerosi laterale amiotrofica, malattia degenerativa che provoca la paralisi irreversibile. Da 13 anni Ballarini è immobile a letto e comunica soltanto grazie a un computer che riesce a trasformare in parole il battito delle palpebre: in un video su Youtube dice «ti amo» alla moglie. Una risposta, metallica, a chi ha pensato di tagliare fondi all’assistenza dei malati per risparmiare. Secondo uno studio della onlus Viva la vita di Roma sono 80 i malati di Sla in Abruzzo con una ventina di nuove diagnosi all’anno.
Moglie coraggio. Lunedì, davanti alla tabaccheria non c’era neanche la moglie di Ballarini: Elena Vignelli non lascia la sua casa quasi mai e, per questo, è la dimostrazione che c’è ancora qualcuno che non sa che farsene di un cellulare. A chi le chiede come va, questa donna esile ma forte – quasi un ossimoro in carne e ossa – risponde così: «Lottiamo sempre», dice esibendo quella dote che non le manca: il coraggio. E quando sente parlare di tagli ai malati gravi il sangue le sale al cervello: «Quasi quasi mi viene voglia di prendere un fucile». Ma con i tagli, nella vita di tutti i giorni di un malato, cosa accadrebbe? Vignelli dà la sua sentenza con parole forti: «Se una famiglia c’ha le palle, ma grosse per davvero, si va avanti lo stesso altrimenti il malato muore». Fine della storia.
«Malati massacrati». Con la politica che si colora di scandali, dice Vignelli, ai malati restano soltanto le briciole: «I malati sono massacrati 3 volte», spiega, «malattia, tagli all’assistenza e troppe tasse. In Abruzzo ci sono stati tanti sprechi nella sanità e poi si taglia la terapia a un malato, 3 sedute anziché 4, per risparmiare: come se fosse un lusso. Ma siamo sicuri che così si risparmia? I soldi vanno tolti a chi li ha rubati altrimenti saranno sempre loro ad avere in mano il potere».
Ansia dei tagli. Elena, una che ha lasciato il lavoro per assistere il marito 24 ore su 24, racconta come si vive con l’ansia di essere tagliati: «Lottiamo con la malattia e non è semplice perché dall’altra parte c’è un muro di gomma che non ci dà dignità: chi è malato, per la società, è un rifiuto. Non vogliamo pietà ma dignità, cioè che un malato non sia sottovalutato proprio perché malato e sia trattato da persona. Lo gridiamo sempre e nessuno ci ascolta: le famiglie vivono difficoltà quotidiane ma le istituzioni vedono la malattia come un protocollo. Invece, un papà colpito da Sla è lo stesso papà che prima camminava e andava a lavorare per la sua famiglia ma per le istituzioni è un numero come un altro. Una volta mi avevano detto di portare Mario al quinto piano di un ufficio a Pescara per una visita dell’invalidità: è stata un’odissea, tra certificati e file, far capire alla Asl che non potevamo muoverci da casa e non farci bloccare la pensione. I veri invalidi sono tartassati, quelli falsi stanno sempre in giro». Vignelli denuncia la rigidità del protocollo che condanna un paziente a diventare utente: «Per alimentare i malati di Sla, la Asl passa alimenti artificiali speciali. Ogni Sla, però, è diversa dall’altra e, per esempio, mio marito si nutre ancora con cibi normali frullati: mi chiedo perché la Asl non ci riconosce un budget mensile per la spesa? Non è che vogliamo rubare, mica chiediamo ostriche».
Vivere con 400 euro. Per il governo, ora i soldi per i malati ci sono e di tagli non ce ne saranno: «Siamo al limite», avverte Vignelli, «io prendo 1.400 euro, 1.000 di pensione e 400 di accompagnamento che uso per l’alimentazione, altri 600 se ne vanno per la casa. Restano 400 euro: se i politici sono capaci a vivere così, venissero a farmi vedere come si fa. Li aspetto».
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