Omicidio a Pescara, sparite le chiavi dell’auto: i killer l’hanno spostata e ripulita
Decisive le immagini delle telecamere di via Mazzini dov’è stata ritrovata la Fiat 500 rossa. La Procura si affida a un consulente per l’analisi delle celle agganciate dal telefonino del giovane
PESCARA. Con il passare dei giorni emergono particolari sempre più agghiaccianti sull’omicidio del povero Alessandro Neri. Particolari che raccontano di una vera e propria esecuzione compiuta sul greto di quel maledetto torrente Vallelunga dove Alessandro sarebbe stato portato vivo, probabilmente sotto la minaccia della pistola che poi lo ha ucciso. E una volta colpito a morte sarebbe stato lasciato lì, nella posizione in cui è crollato a terra sicuramente dopo il colpo di pistola al torace e forse, ma è solo un’indiscrezione al momento priva di conferma, dopo un secondo colpo alla testa. Un dettaglio ulteriormente agghiacciante che l’autopsia ha già chiarito e su cui la Procura non lascia trapelare nulla, ma che non cambia comunque il finale di questa storia infernale.
Una storia in cui, da quanto si va ricostruendo, Alessandro si sarebbe trovato faccia a faccia con la morte quando ormai non aveva più scampo. Probabilmente per una trappola tesa da qualcuno che conosceva e che l’ha condotto fin lì. Ma come? Con la sua macchina o a bordo di un’altra auto dopo un banale appuntamento in centro, dove Alessandro ha lasciato la sua Fiat 500 in via Mazzini, dove è stata poi ritrovata due giorni dopo?
Di certo, quando giovedì pomeriggio il suo corpo è stato individuato dai carabinieri, grazie al fiuto dei cani molecolari che hanno annusato le ultime tracce olfattive rilasciate dal giovane prima della fine, Alessandro non aveva più le chiavi della sua macchina addosso, sparite. E perché farle sparire?
Probabilmente perché quella macchina andava ripulita dalle tracce dei suoi assassini, tracce di tutto il fango macinato per giustiziare Alessandro sotto la pioggia di quel lunedì sera, quando il suo cellulare si è spento e lui non è più tornato a casa. Un’ipotesi che spiegherebbe anche perché il pizzaiolo di via Mazzini ripete che fino a martedì mattina quella macchina rossa non c’era davanti alla sua vetrina. Probabilmente perché è stata prima ripulita e poi portata lì, nelle stesse ore in cui i genitori di Alessandro formalizzavano la denuncia di scomparsa del figlio ai carabinieri di Spoltore.
Nella ricostruzione ufficiale i carabinieri ipotizzano che il corpo di Alessandro sarebbe stato scaraventato dalla ringhiera che costeggia un tratto del canneto, ma la posizione in cui il corpo è stato ritrovato avvalorerebbe anche un’altra dinamica che pure gli investigatori della Scientifica hanno preso in considerazione nei loro sopralluoghi, ispezionando e delimitando il punto dove il torrente fa una curva e il canneto appare calpestato, visibilmente abbassato mentre degrada fino al corso d’acqua.
Se così fosse, da lì il commando potrebbe aver trascinato Alessandro fin sotto la ringhiera dove il corpo è stato poi recuperato, sotto la minaccia della pistola che poi l’ha ucciso. Nel buio di una serata piovosa, nel posto più lontano e nascosto dalla vita che lasciava Alessandro. Sono particolari importanti che le otto ore di autopsia avrebbero contribuito a chiarire ampiamente, offrendo riscontri temporali e sulle modalità dell’omicidio che i carabinieri del Nucleo investigativo diretti dal maggiore Massimiliano Di Pietro sperano di incastrate con altri pezzi di questo intricato puzzle. Dall’esame dei tabulati telefonici, e dunque dalle telefonate fatte e ricevute e dalle celle che sono state agganciate in quei frangenti, la Procura conta di ricostruire non solo i contatti, ma anche il tragitto compiuto da Alessandro per arrivare fin là. Per fare questo, a breve sarà affidato l’incarico a un consulente mentre gli investigatori aspettano dettagli importanti dall’esame delle immagini registrate dalle poche telecamere funzionanti nella zona di via Mazzini dove mercoledì mattina, due giorni dopo la sua scomparsa, è stata ritrovata la 500 rossa.