Omicidio Alina, in aula le sorelle «Lei voleva lasciare quella casa»
Sfilata di testi dell’accusa davanti ai giudici e al compagno Mirko De Martinis, accusato del delitto L’avvocato Biscotti, legale della famiglia: «Oggi abbiamo percepito le vessazioni che doveva subire»
PESCARA. Sfilata di testi dell’accusa ieri davanti ai giudici della Corte d’Assise di Chieti che devono giudicare Mirko De Martinis per l’omicidio volontario della sua compagna, Alina Cozac, 41 anni di origine romena, avvenuto la notte del 22 gennaio del 2023 nella loro casa di Spoltore. Dall’udienza è emersa la chiara volontà della vittima di voler abbandonare quella casa e quell’uomo che la faceva soffrire. Aveva predisposto tutto per andare da una sua amica a Teramo, ma non fece in tempo. Ieri hanno deposto le due sorelle di Alina, Octavia e Maria Magdalena, costituitesi parti civili nel processo.
«Nell’ultimo anno prima della sua morte», ha detto Octavia alla Corte, rispondendo alle domande della pubblica accusa rappresentata dal procuratore aggiunto di Pescara, Anna Rita Mantini, «Alina si è avvicinata moltissimo alla famiglia: ci sentivamo un giorno sì e uno no. Era cambiata parecchio, mi aveva detto di essere consapevole di quello che stava vivendo perché frequentava una psicologa, e che Mirko la stava manipolando e sottomettendo in tutti questi anni e che lei voleva riprendersi la sua vita. Stava anche prendendo la patente per essere più indipendente e poi avrebbe preso il suo cagnolino per andare via e cominciare una nuova vita». La teste ha anche aggiunto che la sorella le aveva confidato che Mirko la umiliava, che la considerava una buona a nulla, che aveva minacciato di buttarla fuori di casa. Un rapporto ormai deteriorato.
Nel corso dell'udienza, davanti al presidente Guido Campli, è stato ricostruito anche l’intervento dei carabinieri, degli investigatori del Gav (gruppo antiviolenza del tribunale), quello del 118 che tentò invano di rianimare Alina. Ma soprattutto, la deposizione del medico legale Ildo Polidoro che per primo sollevò dubbi su quella morte che inizialmente era stata considerata naturale. Quei segni sul collo che portarono a un approfondimento voluto dalla procura con una terna di esperti che arrivarono alla stessa terribile conclusione dell’omicidio. De Martinis fu infatti arrestato otto mesi dopo la morte di Alina, quando i magistrati Giuseppe Bellelli e Mantini ebbero la certezza dell’ipotesi omicidaria.
Gli esperti rilevarono «infiltrazioni emorragiche, segno evidente di un traumatismo violento a livello del collo». Una spiegazione tecnica proposta in aula con l’ausilio di immagini forti che hanno costretto le due sorelle della vittima a lasciare in lacrime l’aula. Una lesione bilaterale, è stato spiegato, provocata da un mezzo morbido, una compressione violenta che ha portato a una morte repentina. In quel momento in casa c’era soltanto l’imputato Mirko che si è sempre dichiarato innocente.
Ma l’inchiesta della procura, con l’ausilio di intercettazioni telefoniche, ha aperto un altro scenario sulla vicenda. C’è una telefonata, in particolare, evidenziata dal pm Mantini, che in un certo senso anticipa l’autopsia: quella in cui De Martinis, parlando con un’amica dice di essere tranquillo e «sicuro di non aver messo le mani al collo a nessuno». E poi in una telefonata con l’ex moglie, c’è un richiamo alle credenze dell’imputato, che pure si dice innocente, ma «tutto è possibile, se tu mi credi», dice Mirko, «io non ho fatto niente, mi è morta là davanti e con un dolore allucinante, però, siccome il male esiste, a me è venuto pure il pensiero di dire è stata un’entità che è andata là, l’ha uccisa e l’ha sfiatata». Tutto questo quando l’esito dell'autopsia non era ancora noto. «Oggi abbiamo percepito», dice l’avvocato della famiglia, Walter Biscotti, «direttamente in dibattimento, quali erano le condizioni in cui Alina era costretta a sopravvivere: con vessazioni di ogni tipo».
Il difensore dell’imputato, l’avvocato Michele Vaira, arriva invece a una conclusione opposta: «Oggi abbiamo ascoltato tutti gli investigatori, ma in realtà abbiamo solo la dimostrazione di una normale dinamica familiare, di persone che hanno convissuto quasi 16 anni insieme, e finora non è emerso un solo episodio di gelosia, di violenza». Prossima udienza il 27 novembre.
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