Omicidio Crox, in aula i due assassini
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Oggi si discute la perizia psichiatrica sul primo accoltellatore, ritenuto “imputabile” dagli esperti. E davanti al giudice ci saranno anche i minorenni accusati del delitto aggravato dalla crudeltà
PESCARA. I due assassini minorenni del sedicenne Christopher Thomas Luciani, per gli amici Crox, questa mattina saranno in aula, davanti al gup Cecilia Angrisano (presidente del tribunale dei minori dell’Aquila), per un fondamentale passaggio che porterà il giudice a emettere la sentenza il 3 marzo prossimo. Oggi verrà discussa la perizia psichiatrica con la quale è stato condizionato il rito abbreviato da parte dei difensori del primo minorenne, quello che inflisse le prime e mortali pugnalate alla schiena del povero Crox.
Gli avvocati Massimo Galasso e Roberto Mariani speravano forse di ridurre i danni con una perizia che permettesse una quantificazione della pena più contenuta. Ma gli esperti hanno depositato la perizia affermando che l'imputato «è da ritenersi imputabile». Dunque, nessuna incapacità mentale. E questa mattina è prevista la discussione su questa consulenza, stilata dai professori Giovanni Camerini e Stefano Ferracuti, il primo specialista in neuropsichiatria infantile e docente di psichiatria forense dell’età evolutiva all’università di Bologna, e il secondo ordinario di psicopatologia forense alla Sapienza di Roma.
Nella perizia i due esperti evidenziano la personalità del ragazzo (figlio di un'avvocatessa) che presenta «tratti di anaffettività, immagine di sé conformista, manipolatività e con lo sviluppo di disturbo da uso di Thc», che sarebbe il principio attivo della cannabis che può influire sulla regolazione emotiva e sul processamento delle emozioni. Una condizione che però non ha «significato di malattia, sebbene sia condizione che meriti trattamento e, inoltre, non è possibile stabilire un nesso di causalità tra la condizione clinica riscontrata e il fatto reato». E soprattutto, l’imputato «ha dimostrato piena cognizione della situazione giudiziaria nella quale è inserito, ha riconosciuto il ruolo delle parti e discrimina tra le diverse figure presenti nel processo».
I due killer sono accusati di omicidio volontario aggravato dalla crudeltà e dai futili motivi. Le 25 coltellate inferte a turno dai due che si passarono il coltello, dopo aver attirato la vittima in una zona oscura del parco Baden Powel di via Raffaello a Pescara il 23 giugno scorso, furono seguite da sputi, da una sigaretta spenta sul corpo del povero Thomas ormai agonizzante: una «lezione» in piena regola per una «questione di rispetto», inferta al povero Crox prima di andare a fare il bagno al mare con gli amici che quel giorno accompagnavano i due accoltellatori. Tutto per un piccolo debito di 70 euro che Crox aveva con il primo accoltellatore per l’acquisto di fumo.
Secondo l'iter del processo minorile, oggi i due (se il tempo lo permetterà) dovranno essere sottoposti a interrogatorio da parte del gup, al quale potrebbero anche sottrarsi avvalendosi della facoltà di non rispondere. Ma probabilmente è una eventualità che i legali non prenderanno in considerazione, anche perché questo processo punta a ottenere una quantificazione della pena la più contenuta possibile.
Sul fatto in sé non ci sono dubbi. Il secondo accoltellatore (figlio di un carabiniere, difeso dall’avvocato Marco Di Giulio) in un successivo interrogatorio davanti ai magistrati della procura minorile aveva peraltro confessato tutto, affermando che l’amico, passandogli il coltello, gli aveva detto: «dagliele pure tu due botte». Lui non voleva, ma lo avrebbe fatto, stando alla sua confessione, per paura: «Fallo», ha riferito che gli avrebbe detto l’amico, «sennò non ne risponde solo la tua incolumità».
La discussione per arrivare alla sentenza è già stata programmata per il 3 marzo. Una discussione squisitamente tecnica, finalizzata, come detto, a ottenere una pena più contenuta che, se ottenuta, potrebbe portare le difese anche a rinunciare al ricorso in appello, usufruendo dello sconto di un sesto della pena.
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