Omicidio di Montesilvano, in 200 con gli striscioni: «Giustizia per Antonio» / Video
Fiaccolata dalla casa del 21enne ucciso al risto-pub fino alla caserma dei carabinieri. Straziante il pianto della madre. La moglie: nostra figlia di 9 mesi non mangia più
MONTESILVANO. «Giustizia per Antonio. Signor giudice, signor capitano dei carabinieri, non lasciate impunito un crimine tanto orrendo». Duecento fiaccole, ieri sera, sono scese in strada a Montesilvano rischiarando il buio per chiedere giustizia per il giovane Antonio Bevilacqua, ucciso da un colpo di fucile al volto.
In carcere, con l’accusa di omicidio, c’è Massimo Fantauzzi, ma la famiglia del giovane è convinta che ci siano altre responsabilità da cercare altrove. Tanti bambini, al corteo di ieri sera, partito da via Piemonte, dove Antonio viveva con la sua famiglia. Sul parapetto del balcone una scritta: «Antonio per sempre nei nostri cuori». Tutti con una sola parola da gridare: giustizia. Straziante la scena di mamma Maria, che ieri sera per la prima volta è tornata sul luogo dove è stato ucciso suo figlio. Sulla porta del locale, chiuso per ordine del questore, una foto di Antonio, per terra tante candele accese.
Ed è proprio su quella porta che mamma Maria batte dei colpi con la mano, in un pianto dirotto che scioglierebbe il più duro dei cuori. «Antonio, figlio mio, è qua che mi hai lasciato», ripete, mentre gli occhi delle donne intorno si velano di lacrime. A pochi passi c’è Gabriella, la giovane moglie di Antonio, che ora vive con la famiglia del ragazzo. «La nostra bambina ha solo nove mesi», dice, «ma ha capito cosa è successo. Non vuole più mangiare. Cosa le dirò, quando sarà grande, come farò a dirle che suo padre è stato ammazzato per una parola? Fra tre mesi compirà un anno», aggiunge, «e stavamo già organizzando la festa per il suo compleanno, ma il suo papà non ci sarà, perché glielo hanno portato via in un modo assurdo».
Il corteo torna a muoversi, e stavolta la destinazione è la caserma dei carabinieri di Montesilvano. «Giustizia, giustizia, giustizia per Antonio», è l’urlo assordante della folla davanti alle sbarre che circondano l’edificio. «Morire in questo modo non si può», grida una ragazza, «morire per una parola. Non è giusto morire così. Anche noi siamo italiani, e vogliamo giustizia».
Tanti striscioni, in mezzo al corteo. «Il razzismo», si legge su uno di essi, «è ciò che trasforma la differenza in disuguaglianza», oppure, «Per Antonio non c’è pace senza giustizia». Teresa Di Rocco, un’amica della famiglia del giovane, rimarca l’assenza di rappresentanti istituzionali al corteo. «Avevamo invitato il sindaco», dice, «ma per noi andava bene anche un segno di solidarietà in privato, che non è arrivato».
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