Operai presentano il conto della lavanderia
Diciassette dipendenti comunali chiedono le spese per la pulizia degli abiti da lavoro: 40mila euro
PESCARA. Il Comune deve affrontare quasi quotidianamente contenziosi di ogni tipo. Cittadini che fanno ricorso per contestare una delibera, per il mancato rilascio di permessi, per un esproprio. Oppure, per richiedere il risarcimento di qualche danno di cui è ritenuto responsabile l’ente. Ma, forse, non era mai accaduto sino ad oggi che dipendenti del Comune facessero causa per farsi risarcire le spese di tintoria.
Proprio così, 17 operai hanno proposto ricorso dinanzi al tribunale di Pescara per farsi rimborsare 40.800 euro, spesi per lavare gli indumenti di protezione, cioè le giacche e i pantaloni fluorescenti utilizzati per effettuare i lavori in strada, in mezzo al traffico. L’amministrazione comunale ha dato mandato alla propria Avvocatura di resistere al ricorso dei lavoratori. Si preannuncia, quindi, uno scontro in tribunale. Protagonisti di questa iniziativa insolita sono i seguenti dipendenti: Enzo Colaiocco, Marco D’Alonzo, Giuliano D’Addario, Roberto Di Pierdomenico, Mauro Di Paolo, Valterio Panico, Pino Onesti, Marcello Straccini, Dominique Tarricani, Michelangelo Delli Rocini, Lorenzino Mucci, Remo Ciancietta, Gabriele Capozzucco, Antonio D’Alfonso, Luciano Diodati, Maggiorino Ferrante e Pietro Damiani. Ecco come spiega la vicenda la direttrice dell’Avvocatura Paola Di Marco nella delibera approvata nei giorni scorsi dalla giunta per opporsi al ricorso. «I lavoratori, nella qualità di dipendenti del Comune di Pescara», si legge, «riferiscono che, per l’espletamento delle proprie mansioni lavorative, sono stati loro assegnati alcuni indumenti e accessori di protezione individuale (Dpi)». «I predetti dipendenti», è scritto ancora, «riferiscono altresì che gli indumenti di protezione fluorescenti e catarifrangenti, consistenti in due giacche, un pantalone e un pile, presuppongono che la relativa igienizzazione e lavaggio siano eseguiti da soggetti specializzati che garantiscono il mantenimento nel tempo dell’efficienza del dispositivo».
«Riferiscono, infine», fa presente l’avvocato Di Marco, «che il Comune di Pescara non ha provveduto ad istituire un servizio di igienizzazione degli indumenti in questione, imponendo ai lavoratori di provvedere personalmente e a proprie spese al lavaggio degli stessi, in violazione degli obblighi di legge di cui al Decreto legislativo numero 81, del 2008».
E il decreto, in effetti, specifica in maniera dettagliata quali sono gli obblighi del datore di lavoro per ciò che riguarda i cosiddetti indumenti Dpi, cioè i dispositivi di protezione individuale. Al comma 1 dell’articolo 76 del provvedimento, si fa presente che «ai fini di un corretto utilizzo e di un’adeguata gestione del Dpi, il datore di lavoro deve...mantenere in efficienza i Dpi e assicurarne le condizioni igieniche, mediante la manutenzione, le riparazioni e le sostituzioni necessarie».
Da qui , la decisione dei 17 dipendenti di rivolgersi al tribunale, dichiarando «l’inadempimento del Comune di Pescara in ordine all’obbligo di lavaggio dei Dispositivi di protezione individuale». I lavoratori hanno chiesto, quindi, il risarcimento del danno per le spese da loro sostenute negli ultimi dieci anni per il lavaggio e l’igienizzazione dei Dpi, quantificato in 40.800 euro, cioè 2.400 euro a testa.
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