L'AQUILA
Orfano del colonnello vittima dell'uranio impoverito vince la battaglia contro la Difesa
Il Ministero non presenta ricorso e deve pagare 250mila euro di ratei arretrati e un vitalizio di circa 2.100 euro al mese. L'ufficiale di Montesilvano morì a 50 anni per mesotelioma come Franco Di Mare
L'AQUILA. Diventa definitiva la sentenza con la quale la Corte d'appello dell'Aquila ha condannato, ribaltando il primo grado, il ministero della Difesa a riconoscere e quindi a pagare i benefici al figlio del colonnello dell'Esercito Raffaele Acquafredda, di Montesilvano, morto a 50 anni a causa dell'esposizione ai cancerogeni dell'uranio impoverito, durante le missioni di guerra.
Il padre è stato riconosciuto vittima del dovere. E il figlio, superstite di vittima del dovere, dovrà ricevere un importo di circa 250mila euro per i ratei arretrati e un vitalizio (per tutta la vita) di circa 2.100 euro al mese . Contro la sentenza con la quale era stato accolto il ricorso presentato dall’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto (Ona), e che aveva condannato il Ministero, non è stato presentato alcuna opposizione nel tempi stabiliti e quindi ora la stessa passa in giudicato.
E sulla vicenda pendono altri due procedimenti: uno al Tar, affinché vengano risarciti tutti i familiari dei danni subiti dal colonnello; l'altro intrapreso sempre dall'Ona sempre al Tribunale dell'’Aquila per quanto riguarda il danno da lutto subito sia dalla vedova che dai due orfani.
Acquafredda si ammalò di mesotelioma, lo stesso tipo di tumore che ha ucciso Franco Di Mare, il giornalista che denunciò l'esposizione all'uranio impoverito durante le sue missioni da inviato. E' la cosiddetta "sindrome dai Balcani", la lunga serie di malattie provocate dall'esposizione ai proiettili con uranio impoverito o amianto.
Il colonnello di Montesilvano è stato Ufficiale superiore di artiglieria della Brigata multinazionale Nord presso Sarajevo, e poi addetto all’artiglieria terrestre nel contesto dell’operazione “Joint Guardian”. "Ha partecipato", ricorda l'Ona , "a missioni in teatro operativo bellico sotto il fuoco dei cecchini in cui sono stati esplosi proiettili all’uranio impoverito con contaminazione di acqua, aria e suolo, con radiazioni di nanoparticelle di metalli pesanti, e di altri agenti chimici e cancerogeni, come polveri e fibre di amianto, che hanno determinato l’insorgenza del cancro del rene e quindi la sua prematura scomparsa lasciando una moglie e due figli in tenera età".
Il ministero della Difesa dopo 10 anni di diffide e solleciti aveva riconosciuto la causa di servizio per l’esposizione e aveva dichiarato il colonnello vittima del dovere, erogando le relative prestazioni previdenziali alla vedova e a una delle orfane, ma negando i diritti del figlio orfano. Perché? "Non riteneva che non fosse nel carico fiscale del padre e ottenendo ragione in primo grado dal Tribunale di L’Aquila", rispondono sempre all'Osservatorio.
La decisione è stata ribaltata dalla Corte di Appello che ha riformato la sentenza e riconoscendo il diritto dell’orfano.
"Sono più di 400 i deceduti e 8mila i malati – denuncia il presidente Ona, Ezio Bonanni facendo la conta delle vittime all'esposizione ai cancerogeni – proseguiamo il nostro impegno in rappresentanza e tutela dei nostri militari e di tutte le vittime che hanno subito l’esposizione alla fibra killer”.
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