Pescara, 21enne condannato per l'attentato a Sebastiani
Due anni e sei mesi al giovane pescarese accusato di aver partecipato al raid incendiario in viale della Riviera
PESCARA. Un boato nel cortile, la fiammata e l’allarme della palazzina di viale della Riviera che cominciò a suonare mentre i responsabili si dileguavano lungo le traverse di viale della Riviera, dove qualche telecamera riuscì a immortalare le sagome di cinque ragazzi.
A poco più di un anno da quell’attentato incendiario ai danni del presidente del Pescara Daniele Sebastiani, arriva il conto per uno dei presunti responsabili, B.D.M., 21 anni di Pescara. Due giorni fa il giudice Antonella Di Carlo l’ha condannato con rito abbreviato a due anni e sei mesi, andando oltre la richiesta del pm Anna Benigni che di anni, tenendo conto dell’abbreviato che prevede lo sconto di un terzo della pena, ne aveva chiesti due. Una condanna pesante per l’incendio di quella notte, quando la notizia rimbalzò sui giornali e sui tg di tutta Italia, specchio di una frangia malata della tifoseria che dopo l’ennesima sconfitta del Pescara, il 6-2 subito dalla Lazio, di lì a poche ore rispondeva con la violenza. E alle 3,38 del 7 febbraio, nel cortile condominiale dove abita anche la famiglia Sebastiani qualcuno scavalcò il cancello e appiccò il fuoco alla Renegade del presidente, che andò distrutta, danneggiando anche la Smart di famiglia. Le fiamme raggiunsero il terzo piano, lambirono le tubature esterne del gas fino a quando, intorno alle sei, i vigili del fuoco riuscirono a spegnere tutto. Cominciarono le indagini della Digos che, diretta da Leila Di Giulio, esaminò le immagini riprese dalle telecamere della zona. Da quelle del palazzo di viale della Riviera spuntarono dei fotogrammi in cui, nei minuti precedenti alla richiesta di intervento per l’incendio, passarono, con una bottiglia in mano cinque ragazzi a volto scoperto. Dopo ulteriori accertamenti furono indagati tre ragazzi, di Pescara, Elice e Montesilvano, e su di loro si concentrarono gli investigatori attraverso perquisizioni , intercettazioni e analisi delle celle e dei tabulati telefonici da cui emerse, secondo l’accusa, la sola responsabilità del 21enne di Pescara tradito anche dall’andatura e dal suo fisico corpulento. Lo scorso luglio, su richiesta dell’avvocato Ugo Di Silvestre è stata archiviata la posizione del ragazzo di Elice e così pure dell’altro di Montesilvano. Era rimasto B.D.M., che dopo il divieto di dimora a Pescara, nei mesi scorsi è stato rinviato a giudizio. Il suo difensore, l’avvocato Virgilio Golini, ha scelto il rito abbreviato convinto delle troppe lacune investigative, come ha ripetuto di fronte al giudice. Nella sua arringa durata poco meno di un’ora, l’avvocato ha ribadito che il video contestato non individua alcun soggetto; fa presente che l’imputato non solo era incensurato, ma non era mai stato destinatario di un provvedimento Daspo; che le celle telefoniche con 18 contatti tra le 3,15 e le 3,35, e con i 16 contatti tra le 3,22 e le 3,23 lo collocano quella notte nell’area di viale della Riviera dove c’è stato l’incendio ma senza considerare che il 21enne abita a poche centinaia di metri da lì. E ancora, che le perquisizioni domiciliari avrebbero restituito capi d’abbigliamento diversi rispetto a quelli indicati nel provvedimento che faceva riferimento proprio alle immagini delle telecamere. In particolare, la vistosa scritta verticale sulla gamba sinistra del pantalone non troverebbe riscontro con quella piccola, e orizzontale, trovata sul pantalone sequestrato al 21enne, così come le Adidas bianche che cercavano gli investigatori non corrisponderebbero alle Reebok grigie trovate. E infine, le intercettazioni telefoniche, che per la difesa non sarebbero sufficienti a dimostrare la colpevolezza del giovane oltre ogni ragionevole dubbio. Come la telefonata tra la madre e il ragazzo in cui lei, che lo ha mandato a Latina dalla nonna, dice al figlio che chiede di tornare: «Pensavo mettessi un po’ di sentimento dopo quello che hai fatto... Non hai capito che da quel posto dovevi sta lontano... e mo pure fuori vuoi andare». Elementi sufficienti per il giudice, ma non per la difesa: «Attendo di leggere le motivazioni», spiega l’avvocato Golini, «ma ci prepariamo all’appello, dove ribadiremo gli stessi concetti sicuri che valgano l’assoluzione». Sarà invece il giudice civile a stabilire il risarcimento dei danni patrimoniali chiesti dall’avvocato Nicola Lotti per conto di Sebastiani che si è costituito parte civile. Danni derivati dalle spese affrontate per risistemare parte della facciata e dei balconi della palazzina danneggiata dall’incendio, dove abitano altre tre famiglie.
A poco più di un anno da quell’attentato incendiario ai danni del presidente del Pescara Daniele Sebastiani, arriva il conto per uno dei presunti responsabili, B.D.M., 21 anni di Pescara. Due giorni fa il giudice Antonella Di Carlo l’ha condannato con rito abbreviato a due anni e sei mesi, andando oltre la richiesta del pm Anna Benigni che di anni, tenendo conto dell’abbreviato che prevede lo sconto di un terzo della pena, ne aveva chiesti due. Una condanna pesante per l’incendio di quella notte, quando la notizia rimbalzò sui giornali e sui tg di tutta Italia, specchio di una frangia malata della tifoseria che dopo l’ennesima sconfitta del Pescara, il 6-2 subito dalla Lazio, di lì a poche ore rispondeva con la violenza. E alle 3,38 del 7 febbraio, nel cortile condominiale dove abita anche la famiglia Sebastiani qualcuno scavalcò il cancello e appiccò il fuoco alla Renegade del presidente, che andò distrutta, danneggiando anche la Smart di famiglia. Le fiamme raggiunsero il terzo piano, lambirono le tubature esterne del gas fino a quando, intorno alle sei, i vigili del fuoco riuscirono a spegnere tutto. Cominciarono le indagini della Digos che, diretta da Leila Di Giulio, esaminò le immagini riprese dalle telecamere della zona. Da quelle del palazzo di viale della Riviera spuntarono dei fotogrammi in cui, nei minuti precedenti alla richiesta di intervento per l’incendio, passarono, con una bottiglia in mano cinque ragazzi a volto scoperto. Dopo ulteriori accertamenti furono indagati tre ragazzi, di Pescara, Elice e Montesilvano, e su di loro si concentrarono gli investigatori attraverso perquisizioni , intercettazioni e analisi delle celle e dei tabulati telefonici da cui emerse, secondo l’accusa, la sola responsabilità del 21enne di Pescara tradito anche dall’andatura e dal suo fisico corpulento. Lo scorso luglio, su richiesta dell’avvocato Ugo Di Silvestre è stata archiviata la posizione del ragazzo di Elice e così pure dell’altro di Montesilvano. Era rimasto B.D.M., che dopo il divieto di dimora a Pescara, nei mesi scorsi è stato rinviato a giudizio. Il suo difensore, l’avvocato Virgilio Golini, ha scelto il rito abbreviato convinto delle troppe lacune investigative, come ha ripetuto di fronte al giudice. Nella sua arringa durata poco meno di un’ora, l’avvocato ha ribadito che il video contestato non individua alcun soggetto; fa presente che l’imputato non solo era incensurato, ma non era mai stato destinatario di un provvedimento Daspo; che le celle telefoniche con 18 contatti tra le 3,15 e le 3,35, e con i 16 contatti tra le 3,22 e le 3,23 lo collocano quella notte nell’area di viale della Riviera dove c’è stato l’incendio ma senza considerare che il 21enne abita a poche centinaia di metri da lì. E ancora, che le perquisizioni domiciliari avrebbero restituito capi d’abbigliamento diversi rispetto a quelli indicati nel provvedimento che faceva riferimento proprio alle immagini delle telecamere. In particolare, la vistosa scritta verticale sulla gamba sinistra del pantalone non troverebbe riscontro con quella piccola, e orizzontale, trovata sul pantalone sequestrato al 21enne, così come le Adidas bianche che cercavano gli investigatori non corrisponderebbero alle Reebok grigie trovate. E infine, le intercettazioni telefoniche, che per la difesa non sarebbero sufficienti a dimostrare la colpevolezza del giovane oltre ogni ragionevole dubbio. Come la telefonata tra la madre e il ragazzo in cui lei, che lo ha mandato a Latina dalla nonna, dice al figlio che chiede di tornare: «Pensavo mettessi un po’ di sentimento dopo quello che hai fatto... Non hai capito che da quel posto dovevi sta lontano... e mo pure fuori vuoi andare». Elementi sufficienti per il giudice, ma non per la difesa: «Attendo di leggere le motivazioni», spiega l’avvocato Golini, «ma ci prepariamo all’appello, dove ribadiremo gli stessi concetti sicuri che valgano l’assoluzione». Sarà invece il giudice civile a stabilire il risarcimento dei danni patrimoniali chiesti dall’avvocato Nicola Lotti per conto di Sebastiani che si è costituito parte civile. Danni derivati dalle spese affrontate per risistemare parte della facciata e dei balconi della palazzina danneggiata dall’incendio, dove abitano altre tre famiglie.