Pescara, accesso allo stadio negato ai disabili La protesta: "Dalla festa per la A all’incubo"
Solo 25 posti a disposizione, contro i 100 posti previsti per legge, nonostante lo stadio sia stato ristrutturato appena 3 anni fa. Così svanisce il sogno dei tifosi biancazzurri in carrozzina: solo pochi potranno vedere le gare contro le big del calcio italiano
PESCARA. «Ieri (mercoledì sera, ndr)per me è stata una tragedia non poter entrare allo stadio a vedere la presentazione della squadra e l’amichevole del mio Pescara con il Levante, davvero un peso allucinante. Tutto avrei fatto, tranne che tornarmene a casa».
Esprime così il suo rammarico Federico Della Torre, un ragazzo disabile di 25 anni costretto a vivere da sempre con la sua immancabile sedia a rotelle, senza la quale non potrebbe andare da nessuna parte. Di sicuro, almeno al momento, anche con l’ausilio della carrozzinanon può andare allo stadio Adriatico - Cornacchia, ristrutturato con dieci milioni di euro nel 2009 in occasione dei Giochi del Mediterraneo, ma non a norma in tema di accessibilità dei diversamenti abili. Infatti al posto dei cento posti riservati che dovrebbe avere secondo la legge, l’impianto cittadino può ospitare solo venticinque disabili. Della Torre è un vero tifoso doc, basta dare uno sguardo alla sua sedia a rotelle adornata con stemmi, figurine, sciarpa del Pescara e del gruppo Rangers del tifo organizzato.
«Sono un tifoso da quindici anni, da quando avevo dieci anni e dallo stesso tempo vado allo stadio per seguire le partite. L’ultimo incontro che ho visto all’Adriatico è stato quello con la Nocerina dell’ultima giornata dello scorso campionato di serie B. Da quel momento praticamente sto vivendo aspettando di poter vedere la prima partita del Pescara nella massima categoria. Dopo tanti anni di attesa, con il ritorno in A dei biancazzurri, si è avverato davvero un sogno, ma adesso che è diventato realtà allo stadio non posso andare. Un incubo quindi».
La fede biancazzurra di Federico non esplode solo negli appuntamenti domenicali di campionato ma imperversa durante tutta la settimana: «Passo praticamente tutti i pomeriggi nella sede del tifo organizzato dei Pescara Rangers nel garage del lungomare di Porta Nuova, tutti i giorni parlo del Pescara. Ho seguito anche il ritiro della squadra a Rivisondoli con relative amichevoli e la partita contro il Teramo. Avevo già un delfino tatuato sulla schiena, ma il giorno dopo il ritorno in serie A della squadra ho fatto tatuare sul braccio sinistro lo scudetto del Pescara con un teschio messicano che vuol significare “fino alla morte”. Quello passato è stato l’anno più bello, ma quando il Pescara perde mi cambia l’umore e non ho più voglia di fare niente, nemmeno di uscire con gli amici».
Della Torre, per dimostrare la sua passione sconfinata verso la squadra del cuore, fece qualcosa di concreto ai tempi del fallimento della società: «Andai in tribunale a donare duecento euro della mia pensione per salvare il Pescara».
Poi Della Torre lancia due appelli, uno rivolto al sindaco Luigi Albore Mascia e un altro al presidente della società Daniele Sebastiani: «A Mascia chiedo se sia disposto anche a lui a non vedere il Pescara come me. Lo invito a sedersi con noi in carrozzina, così potrà rendersi conto della sensazione che si prova. Le istituzioni non possono negarci di vedere e godere dello spettacolo della serie A che abbiamo aspettato per venti anni. A Sebastiani dico e chiedo di prendere una posizione forte e decisa, se la responsabilità non è sua, ma del Comune, allora si schieri al nostro fianco e si incateni con noi in segno di protesta».
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