Pescara: insultare su Facebook costa 10mila euro
Giudice condanna l’autore del post e gli ordina di risarcire subito per danno morale una dirigente del Comune
PESCARA. La pagina di Facebook non dà alcun diritto di insultare le persone gratuitamente. Offendere sulla piazza virtuale di un social network è come farlo nella realtà: il reato è identico e va punito allo stesso modo. Il giudice Gianluca Falco lo ha sentenziato due giorni fa a Pescara. E la condanna di M.R. diventa un precedente oltre che un avvertimento a quelle migliaia di persone che utilizzano Facebook in maniera spregiudicata senza rendersi conto delle conseguenze.
«Naltra mign (....), dalfonso e Alessandrino solo arrestarli!», per questa frase offensiva oltre che sgrammaticata, che riportiamo testualmente censurandola solo nella parola più ingiuriosa, M.R. è stato condannato a risarcire 10mila euro, più altri 2.700 euro per le spese legali, alla parte offesa, una dirigente del Comune di Pescara. Soldi che dovrà pagare subito, senza attendere gli altri gradi di giudizio. Così ha deciso il giudice Falco che, in passato, è stato uno dei tre componenti del collegio che ha condannato in primo grado Ottaviano Del Turco per la Sanitopoli abruzzese. Ma ora il tema del giudizio era civile oltre che molto più popolare, semplice e purtroppo diffuso. La dirigente comunale, difesa dall’avvocato Carla Tiboni, dopo aver letto quella frase tra i post comparsi sulla pagina Facebook di un quotidiano on line abruzzese, ha deciso di non far finta di nulla e di chiedere i danni subìti all’immagine oltre che morali, all’autore del messaggio. Il quotidiano on line aveva pubblicato la notizia della sua nomina a dirigente del Comune di Pescara. Nella stessa giornata, il 14 novembre del 2016, sulla pagina Facebook di quel quotidiano la stessa notizia raccoglieva i commenti dei lettori. E tra questi c’era la frase di M.R. che però, citato in giudizio, non si è mai presentato nell’aula del tribunale e quindi è stato processato e condannato in contumacia.
«Il commento è altamente diffamatorio della immagine personale e professionale di (...) in quanto non solo quest'ultima è stata qualificata con un epiteto, di per sè, volgare e sessista», scrive il giudice nelle motivazioni della condanna, «ma nel contesto in cui fu reso associava con evidenza la nomina della dirigente a presunti comportamenti e abitudini sessuali di favore verso personaggi politici di vertice nell'ambito regionale (D'Alfonso) e locale (Alessandrini), per cui la stessa aveva ottenuto gli incarichi evidenziati nell'articolo».
Il giudice quindi quantifica il risarcimento, per la lesione dell'onore, della reputazione e della sfera morale della parte offesa, più le spese legali e processuali in quasi 13mila euro. Una somma da pagare «già all’attualità», cioè immediatamente. Al quotidiano on-line invece toccherà pubblicare un estratto della sentenza di condanna. Offendere su Facebook costa caro.
«Naltra mign (....), dalfonso e Alessandrino solo arrestarli!», per questa frase offensiva oltre che sgrammaticata, che riportiamo testualmente censurandola solo nella parola più ingiuriosa, M.R. è stato condannato a risarcire 10mila euro, più altri 2.700 euro per le spese legali, alla parte offesa, una dirigente del Comune di Pescara. Soldi che dovrà pagare subito, senza attendere gli altri gradi di giudizio. Così ha deciso il giudice Falco che, in passato, è stato uno dei tre componenti del collegio che ha condannato in primo grado Ottaviano Del Turco per la Sanitopoli abruzzese. Ma ora il tema del giudizio era civile oltre che molto più popolare, semplice e purtroppo diffuso. La dirigente comunale, difesa dall’avvocato Carla Tiboni, dopo aver letto quella frase tra i post comparsi sulla pagina Facebook di un quotidiano on line abruzzese, ha deciso di non far finta di nulla e di chiedere i danni subìti all’immagine oltre che morali, all’autore del messaggio. Il quotidiano on line aveva pubblicato la notizia della sua nomina a dirigente del Comune di Pescara. Nella stessa giornata, il 14 novembre del 2016, sulla pagina Facebook di quel quotidiano la stessa notizia raccoglieva i commenti dei lettori. E tra questi c’era la frase di M.R. che però, citato in giudizio, non si è mai presentato nell’aula del tribunale e quindi è stato processato e condannato in contumacia.
«Il commento è altamente diffamatorio della immagine personale e professionale di (...) in quanto non solo quest'ultima è stata qualificata con un epiteto, di per sè, volgare e sessista», scrive il giudice nelle motivazioni della condanna, «ma nel contesto in cui fu reso associava con evidenza la nomina della dirigente a presunti comportamenti e abitudini sessuali di favore verso personaggi politici di vertice nell'ambito regionale (D'Alfonso) e locale (Alessandrini), per cui la stessa aveva ottenuto gli incarichi evidenziati nell'articolo».
Il giudice quindi quantifica il risarcimento, per la lesione dell'onore, della reputazione e della sfera morale della parte offesa, più le spese legali e processuali in quasi 13mila euro. Una somma da pagare «già all’attualità», cioè immediatamente. Al quotidiano on-line invece toccherà pubblicare un estratto della sentenza di condanna. Offendere su Facebook costa caro.