Pescara, la Asl paga i danni all'infermiere licenziato

12 Maggio 2013

Risarcimento di 50 mila euro a un precario per la mancata assunzione dopo 3 anni di proroghe. Ora in 50 pronti a fare causa

PESCARA. Per 3 anni e un mese ha fatto l’infermiere precario all’ospedale di Pescara aspettando un contratto a tempo indeterminato. Un posto fisso che, però, non è mai arrivato: dopo il primo contratto di un anno risalente al 2006, sono arrivate 5 proroghe, sempre nel reparto di Medicina, che avevano alimentato la speranza di un assunzione ma, poi, Andrea Serra è stato licenziato. Adesso, la Corte d’Appello dell’Aquila ha stabilito che l’illusione della stabilizzazione mancata vale un risarcimento danni di quasi 50 mila euro. Dice questo una sentenza pilota dei giudici Rita Sannite, Maria Luisa Ciangola e Luigi Santini. Una sentenza che suscita preoccupazione in via Paolini, sede della Asl di Pescara: nelle stesse condizioni di Serra, ci sono almeno altri 50 precari licenziati dalla Asl pronti a fare causa. Se tutti ottenessero un risarcimento di 50 mila euro, la Asl si troverebbe a pagare 2,5 milioni di euro di danni.

Proroghe sotto accusa. Serra, 33 anni, era stato assunto per un anno, dal primo dicembre del 2006 al 30 novembre 2007, come infermiere. Di qui, il susseguirsi delle proroghe del contratto di 6 mesi in 6 mesi. In base al ricorso curato dall’avvocato Luca De Felice, difensore dell’infermiere, emerge che Serra ha saputo del licenziamento «solo nell’ultimo mese di lavoro, cioè nel dicembre del 2009» quando la Asl è uscita allo scoperto dicendo che «non avrebbe proceduto alla stabilizzazione» a causa dello stop alle assunzioni disposto da un decreto del presidente Pdl della Regione Abruzzo e commissario alla Sanità Gianni Chiodi. Secondo la difesa di Serra, le 5 proroghe pari a 2 anni e un mese di lavoro «avevano determinato un accrescimento di un’aspettativa che invece non avrebbe potuto trovare riscontro».

Illusione risarcita. Infatti, il decreto blocca assunzioni di Chiodi è del 2008 ma nei contratti, sostiene la difesa dell’infermiere, non ci sono richiami a eventuali licenziamenti: «Il rapporto di lavoro», precisa il ricorso, «ha generato in Serra un’aspettativa che la Asl sapeva non avrebbe trovato alcun riscontro». È questa l’illusione che, secondo la Corte d’Appello, va risarcita con 20 mensilità, più accessori e altri 4.400 euro per le spese legali tra primo e secondo grado di giudizio. «Serra sottoscrivendo i contratti del 12 marzo 2008 e del 4 novembre 2008 ha ritenuto (poiché specificamente indicato nel contratto stesso) di poter legittimamente aspirare alla stabilizzazione», sottolinea il ricorso dell’infermiere, «ma risulta ancor più grave che la Asl non ha mai comunicato che la legge regionale che prevedeva la stabilizzazione era stata sospesa con decreto del 2008, addirittura prorogando il contratto stipulato in virtù della (sospesa) stabilizzazione in data 19 maggio 2009». Ma, dice ancora la difesa, «Serra aveva una legittima aspettativa a poter essere stabilizzato in quanto tale evenienza era stata esplicitata in maniera formale nei contratti stipulati con la Asl». Per questo, secondo l’avvocato De Felice, «i contratti di lavoro sono palesemente nulli».

Sentenza ribaltata. In primo grado, il giudice del Lavoro di Pescara aveva rigettato il ricorso di Serra: «Ma lo stesso giudice Franco Di Pietro», spiega De Felice, «ritenendo di valutare la fondatezza o meno della richiesta di risarcimento del danno ha implicitamente riconosciuto la nullità dei contratti stessi. Inoltre», dice l’avvocato, «la Asl nella memoria di costituzione e risposta non ha assolutamente né contestato i fatti addotti dal ricorrente (e, quindi, nemmeno la denunciata nullità dei contratti a tempo determinato intercorsi tra le parti) nè impugnato, né contestato la documentazione prodotta dal ricorrente limitandosi a sostenere genericamente l’impossibilità aziendale di provvedere alla stabilizzazione. Pertanto, la mancata contestazione ad opera della controparte rende inutile la prova di tale fatto».

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