Piccole imprese, lo spettro dell’usura

3 Luglio 2018

«Fenomeno nascosto, ma c’è. Il pizzo? Non ci riguarda». E intanto restano in carcere i 5 arrestati con l’accusa di estorsione

PESCARA. Nessun allarme pizzo. Dopo i cinque arresti della Guardia di finanza per estorsione ai danni di commercianti, le associazioni di consumatori segnalano un problema diverso, legato all’usura. Un problema che c’è, «tra piccoli commercianti e artigiani», ma che emerge in misura minima, perché «la paura a denunciare è grande». Ne parla Giovanni D’Andrea, di “Codici”, una delle associazioni antiracket e antiusura riconosciute a livello nazionale. In provincia di Pescara, dice, «facciamo da filtro con le forze dell’ordine. Molti sono omertosi, hanno paura a riconoscere di essere vittime degli usurai e non riescono a rivolgersi autonomamente alle forze dell’ordine». Quando arrivano segnalazioni per questa piaga “Codici” gira tutto «alle forze di polizia, per far avviare le indagini. E l’ultimo caso risale a qualche mese fa. Generalmente ci rivolgiamo alla Guardia di finanza e assicuriamo l’assistenza legale gratuita a chi ha un reddito basso (meno di 11mila euro)». Il fenomeno non fa registrare numeri elevati ma è anche vero, continua D’Andrea, che «non emerge nella sua interezza perché c’è il timore a parlare, a denunciare. E poi è difficile dimostrare le vessazioni subite». D’Andrea confida in una inversione di rotta. «Noi di “Codici” chiediamo a chi vive questo problema di rivolgersi all’associazione o alle Fiamme Gialle anche perché la situazione patrimoniale di chi è vittima degli usurai può essere congelata». Da parte di Codici c’è anche un’altra speranza ed è quella che «il fondo per contrastare l’usura venga rimpinguato».
«Denunciare, denunciare, denunciare». È questo l’appello di Alberto Corraro, dell’Adiconsum, altra associazione che fa parte dello stesso elenco nazionale. «Pizzo, racket, estorsione e usura sono fenomeni che si insinuano quando si indebolisce il tessuto socio-economico, a causa della crisi. E non bisogna mai abbassare la guardia», commenta. L’Adiconsum fa la sua parte occupandosi «delle famiglie sovraindebitate e l’ultimo caso andato a buon fine, di recente, riguarda una famiglia che si è trovata in difficoltà per problemi di malattia. La moglie ha avuto problemi di salute e il marito, con un solo reddito, non ce l’ha fatta più a fronteggiare le spese» per cui hanno avuto accesso al Fondo di prevenzione del sovraindebitamento e dell’usura (per un importo di 25mila euro)».
Non registrano allarmi i rappresentanti di Confcommercio e Confesercenti. «Non abbiamo avuto alcun sentore di pizzo», dice Enzo D’Ottaviantonio dalla Confcommercio. «Non abbiamo registrato situazioni che possano far pensare all’esistenza di un problema legato al pizzo. Nessun segnale, nel nostro settore, neppure di usura. A Pescara non c’è da pagare alcun pizzo. Il commercio è sano, la città è bella e si vive bene e liberamente». Per Gianni Taucci, della Confesercenti, «chi ha a che fare con l’usura ha timore ad affacciarsi alle associazioni di categoria» per cui bisogna sempre tenere conto che l’omertà impedisce la percezione del problema nella sua interezza. «Riceviamo segnalazioni sull’assenza delle banche quando bisogna affrontare una situazione di crisi, e ci attiviamo. In passato abbiamo avuto qualche segnale sulla presenza dell’usura. Abbiamo colto qualcosa tra bar e ristoranti in difficoltà. Ma ultimamente non è accaduto. Così come mai nessuno ci ha parlato del pizzo».
Hanno deciso di raccontare e di far scattare le indagini della Finanza, invece, un fruttivendolo, un barista e un meccanico che sostengono di aver ricevuto richieste di denaro da Michele Rossoni, 59 anni, i suoi tre figli Cristian, Richard e Virginio, di 36, 32 e 33 anni, e Giovanni Di Blasio, 43 anni. Per loro è scattato l’arresto all’alba del 24 giugno per estorsione e anche, a vario titolo, per lesioni personali, furto aggravato e spaccio di sostanze stupefacenti. Durante l’interrogatorio, avvenuto venerdì scorso di fronte al giudice per le indagini preliminari Gianluca Sarandrea, alla presenza dell’avvocato Luca Capasso i cinque si sono difesi e hanno smentito di aver chiesto denaro senza motivo. Anzi, hanno assicurato che di aver semplicemente cercato di recuperare somme prestate in passato a persone diverse che hanno avuto bisogno del loro aiuto, come ricostruisce il difensore. Capasso ha chiesto la revoca della misura cautelare o i domiciliari per tutti. Ma per il giudice i cinque devono rimanere in carcere, non essendo cambiate le esigenze cautelari che hanno fatto scattare l’arresto.
©RIPRODUZIONE RISERVATA