PESCARA
Protesta “no vax” nella basilica, chiesti 6 rinvii a giudizio
Contestarono la mascherina nella messa alla Madonna dei Sette Dolori, sono due pescaresi e 4 chietini. Le accuse: oltraggio, resistenza a pubblico ufficiale e lesioni
PESCARA. Per la Procura i sei protagonisti della “rivolta” no vax dentro la chiesa della Madonna dei Sette Dolori il 26 settembre del 2021, in piena pandemia da Covid 19, devono essere processati per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali.
È quanto chiede il pm Anna Benigni (nella foto in basso) al giudice dell'udienza preliminare (gup) con la richiesta di rinvio a giudizio firmata per i sei imputati (quattro residenti nel Chietino e due nel Pescarese) che movimentarono non poco una santa messa per protestare contro l’obbligo delle mascherine durante la celebrazione.
Le volanti della questura erano intervenute e avevano proceduto all'arresto di una settima persona, forse la più attiva nella protesta e quella che “guidava” il gruppetto di dissidenti. Ma quell’arresto non fu semplice da eseguire proprio perché i sei imputati cercarono in ogni modo di ostacolare il lavoro degli agenti, tre dei quali rimasero leggermente feriti.
Ma il pm Benigni era andata anche oltre, disponendo una serie di perquisizioni nelle abitazioni dei sei indagati, per accertare se ci fosse un collegamento fra loro o con qualcuno esterno che fomentava le rivolte in molte città italiane: qualcuno che scientemente alimentava la protesta contro l’uso delle mascherine che all’epoca erano obbligatorie. Vennero sequestrati per questo motivo anche tutti i supporti informatici dei sei indagati, provvedimento che resse anche al ricorso presentato dai legali di tre di loro che non volevano che la procura mettesse il naso nei loro cellulari. Ma i giudici dettero ampiamente ragione alla Procura e rigettarono il ricorso.
Significativa, ai fini della sussistenza dei reati, l’informativa della questura, ma anche e soprattutto la testimonianza di un agente, fuori servizio, che quel giorno si trovava dentro la chiesa ad assistere alla messa e seguì i movimenti dei più facinorosi ed ascoltò quello che si dicevano. E anche il parroco dell’epoca rese delle dichiarazioni importanti nei confronti dell'uomo che venne arrestato (e che poi seguì un iter diverso rispetto agli altri indagati) e della sua compagna che fa parte degli odierni imputati. Qualche giorno prima i due si erano presentati in basilica e l’uomo aveva detto: “prima o poi faccio un macello”, «manifestando con tale frase - scrisse il pm nella richiesta di perquisizioni - il proprio dissenso rispetto all’obbligo di indossare la mascherina durante le funzioni religiose». Ma anche l’addetto al rispetto della normativa per il contenimento del Covid all’interno della basilica aveva evidenziato come i due avevano più volte discusso, perché non volevano indossare le mascherine, tanto che l’ultima volta la donna si era convinta soltanto dopo che il parroco aveva minacciato di far arrivare le forze dell’ordine.
Ognuno dei sei imputati, stando alla ricostruzione degli eventi, alle testimonianze e anche a qualche video girato nell’occasione, avrebbe svolto un ruolo per evitare che la polizia arrestasse il no vax più agitato. La sua compagna (Isabella Assetta pescarese di 59 anni) aveva cercato di portar via la pistola a uno degli agenti, mentre Luca Ienni, chietino di 37 anni, era quello che insultava ripetutamente gli agenti con frasi del genere: «Fate schifo vergognatevi, schiavi, servi dello Stato. Disonorate la divisa della polizia, vi denunciamo tutti e passerete i guai. Siete degli inetti», e via discorrendo. Elia Marano, 50 anni di Chieti, spintonava gli agenti per impedire che uscissero dalla chiesa, aiutato da Roberto Ambagi, 54 anni della provincia di Chieti; Marco Scorza 64 anni di Pescara si posizionava davanti alla portiera della volante per impedire che gli agenti facessero salire l’arrestato; mentre Emanuela Esposito, 37 anni del Chietino, incitava la folla contro gli agenti.
Ora il giudice dell'udienza prlinare (Gup) deve decidere se mandare i sei sotto processo, così come richiesto dalla Procura.
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