L'INCHIESTA
Rigopiano, così è sparita dagli atti la telefonata dell'allarme
Il 18 gennaio Gabriele D'Angelo (prima di morire) chiama la prefettura. Della sue drammatica segnalazione non c'è traccia, una testimone spiega perché
PESCARA. «Sono Gabriele D’Angelo, chiamo dall’hotel Rigopiano. Ci sono 45 persone, compresi 5 bambini, isolate dalla neve. Mandate al più presto una turbina a liberare la strada». Sono le 11,38 del 18 gennaio 2017 quando, più o meno con queste parole (la telefonata di 230 secondi non fu registrata ma l’ha raccontato agli inquirenti la funzionaria che prese la chiamata), Gabriele D’Angelo, il cameriere di Penne dell’hotel Rigopiano tra le 29 vittime, riesce a contattare la Prefettura di Pescara.
Lo fa, Gabriele, dopo aver chiamato poco prima delle 10 il Coc di Penne chiedendo l’evacuazione dell’hotel, e dopo una serie di altre telefonate che tra una scossa di terremoto e l’altra continua a fare alla fidanzata e agli amici della Croce Rossa di Penne, dove era volontario, sollecitando sempre la stessa cosa: fate arrivare i mezzi a liberarci, fate presto.
Richieste che cadono tutte nel vuoto, ma quella alla Prefettura successivamente viene addirittura cancellata: del numero del telefonino di Gabriele non c’è più traccia sui documenti che i poliziotti della Mobile vanno a prendere in prefettura insieme con tutti gli altri registri del 18. Sparisce dopo che la mattina del 26 gennaio, (alla vigilia della riunione in cui al personale viene detto che gli inquirenti vogliono una relazione su ruoli e compiti svolti in sala operativa il 18 gennaio) la stessa funzionaria, con il vice coordinatore della sala operativa vanno a chiedere al carabiniere forestale in servizio al Ccs della Prefettura l’intestatario di un numero di cellulare. Quello di Gabriele, appunto. Numero che da quel momento sparisce. Non risulta più nemmeno nella relazione che la funzionaria prepara il 28 gennaio come richiesto a tutto il personale.
L’hanno scoperto i carabinieri forestali guidati dal tenente colonnello Annamaria Angelozzi in queste ultime settimane, dopo la richiesta del legale della famiglia D’Angelo, l’avvocato Emanuele Rosa, di capire perché la prima richiesta di evacuazione al Coc di Penne, da parte di Gabriele, era rimasta inascoltata. Gli investigatori non solo sono riusciti a rintracciare l’operatore che prese la chiamata e che riferisce di averne informato il responsabile del Coc di Penne Antonio Baldacchini, secondo cui se ne doveva occupare il Coc di Farindola; ma riescono anche a estrapolare dal telefonino di Gabriele tutte le chiamate fatte quel giorno prima di morire. E tra queste, la chiamata alla Prefettura che finisce nelle informative finali dell’inchiesta, e su cui gli investigatori si riservano ulteriori accertamenti. Indagini che dovrebbero proseguire, aprendo un ulteriore filone sul pasticciaccio di Rigopiano, almeno sulla base di quanto annuncia l’avvocato Rosa: «Verificata la documentazione, a fronte di eventuali carenze di sicuro faremo tutti gli esposti necessari per far sì che l’autorità giudiziaria vada a verificare tutte le chiamate fatte da Gabriele, da quella mattina del 18 e fino all’ora del tragico evento, per vedere come sono state gestite e che cosa hanno fatto le autorità a seguito delle sue richieste di aiuto».
E gli investigatori hanno già ricostruito qualcosa. Ascoltando innanzitutto la funzionaria G.P. che prese quella telefonata. Perché resta inascoltata la richiesta di Gabriele? Spiega la funzionaria: «Ho trattato tale segnalazione secondo le direttive del coordinatore della sala operativa Ida de Cesaris e del vice coordinatore Giancarlo Verzella, se arrivavano segnalazioni da parte di privati cittadini per la richiesta di mezzi spazzaneve doveva essere inoltrata al sindaco e al numero di emergenze delle forze dell’ordine. Visto il numero di persone coinvolte, segnalavo la richiesta. Mi fu risposto che dovevo trattare tale segnalazione secondo le direttive». E perché, la mattina del 26 la stessa va a chiedere al carabiniere di verificare l’intestatario del numero che chiamò da Rigopiano?
«Il giorno in cui furono dichiarate chiuse le ricerche e rinvenute 40 persone tra morti e sopravvissuti mi è tornato in mente che il segnalante il 18 gennaio parlava di 45 persone nella struttura. Chiesi insistentemente a Verzella di fare i dovuti accertamenti per verificare l’effettivo numero di presenti». Ma la segnalazione di D’Angelo sparisce poi dalla relazione di servizio del 28 gennaio. Perché? «Il 18 gennaio sera o il 19 il vice coordinatore Verzella era intento ad appuntare una relazione per informare il prefetto delle attività svolte il 18 gennaio in sala operativa e gli chiesi di valutare di inserire la telefonata che avevo ricevuto dall’hotel Rigopiano. Prima di tutto mi chiese conferma e di ripetere il contenuto della chiamata e poi mi disse che tale segnalazione non era attinente alla richiesta formulata dal prefetto». Per questo, nel fare la sua relazione 10 giorni dopo, la funzionaria non la inserì: «Avevo memoria che nella precedente interlocuzione con Verzella, nella quasi immediatezza del fatto, mi disse che tale telefonata non era utile».
©RIPRODUZIONE RISERVATA