STRAGE NELL'HOTEL / I NUOVI INDAGATI
Rigopiano, sott’accusa in sette per depistaggio / VIDEO
Pizzino getta ombre sull’ex prefetto Provolo. Per i carabinieri, diventa la prova della richiesta di aiuto occultata. Leggi anche la lettera di Gaia alla mamma morta nel resort
PESCARA. Frode processuale e depistaggio. È questo che la procura contesta a 7 personaggi della prefettura di Pescara.
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La scomparsa, dalla sala del centro coordinamento dei soccorsi, di un brogliaccio con le telefonate di richiesta d'aiuto arrivate in sala il 18 gennaio 2017, giorno della tragedia di Rigopiano, mette di nuovo nei guai l'ex prefetto Francesco Provolo e altre sei coindagati che figurano in un fascicolo corollario a quello appena chiuso sulla morte delle 29 persone finite sotto le macerie del resort di lusso, travolto da una valanga. CHI SONO. Oltre a Provolo, l'inchiesta del procuratore Massimiliano Serpi e del sostituto Andrea Papalia, riguarda anche il vice prefetto Salvatore Angieri, il suo collega Sergio Mazzia, la dirigente Ida De Cesaris, e i funzionari prefettizi Giancarlo Verzella, Giulia Pontramdolfo e Daniela Acquaviva.
Il loro coinvolgimento va spiegato facendo un passo indietro e tornando al 26 gennaio 2017 quando si definiscono i termini della tragedia con un bilancio drammatico di 40 persone tra morti e feriti. IL DUBBIO ATROCE. È in quel momento che la funzionaria Pontrandolfo viene assalita da un dubbio atroce: il cameriere Gabriele D'Angelo, una delle vittime di Rigopiano, che il 18 aveva contattato la Prefettura per chiedere aiuto e forse anche lo sgombero dell'hotel per le terribili condizioni climatiche e per le scosse di terremoto che aveva diffuso il panico tra gli ospiti e non solo, aveva parlato di 45 persone presenti in albergo. E allora, alle 9,20 del 26 gennaio lei e il collega Verzella scendono nella sala operativa per parlare con il carabiniere ancora presente.
IL RAPPORTO CHIAVE. Verzella vuole rintracciare il numero di cellulare che aveva chiamato la sala operativa della Prefettura (quello di D'Angelo) e il carabiniere nella sua relazione, confermando l'esistenza a quella data del brogliaccio, scrive così: «La postazione riceveva la richiesta dal dottor Verzella per rintracciare il numero (329...) che effettuava il 18 gennaio 2017 intorno alle ore 15, una chiamata di un uomo, non generalizzato dall'operatore Pontrandolfo, dall'hotel Rigopiano di richiesta di soccorso. Lo stesso, a detta dell'operatrice, affermava che erano presenti in loco 40 persone tra dipendenti ed alloggianti, più 5 bambini. Ad oggi risulta invece che il totale delle persone ritrovate vive o decedute sia di 40 unità come confermato dal Com di Penne. Per prima cosa la postazione si è prodigata per chiedere l'intestatario del telefono chiamante visto che risultava irraggiungibile dalla postazione.
A tal proposito il maresciallo Cameli rappresentava la problematica ai vice prefetti aggiunti che mostravano stupore di fronte alla chiamata ricevuta dall'addetta, sottoposta solo ora all'attenzione, dopo 8 giorni dall'evento. Va sottolineato - passaggio importante - che la chiamata incriminata non è stata trasferita dalla centrale operativa CC, ma presa direttamente dalla Prefettura di Pescara».
LA PROVA SPARITA. Senza sapere nulla di quello che era accaduto in proposito, il 27 gennaio 2017 la polizia, su ordine dell'allora procuratore Tedeschini, va in Prefettura per acquisire il brogliaccio di tutte le chiamate, ma riesce ad avere soltanto le chiamate dal 19 al 26 gennaio 2017: del 18 non vi era più nessuna traccia. Il riferimento a quelle telefonate era sparito. Il dirigente e i tre funzionari fanno pervenire alla questura quattro singole relazioni dove non viene fatto nessun cenno alla telefonata di D'Angelo, che pure c'era stata, creando un vuoto investigativo del quale erano a conoscenza soltanto loro.
PARLA IL FRATELLO. «Li potevano salvare», dichiara oggi Francesco D'Angelo, fratello della vittima.
«Gabriele chiamò anche mia madre alle 16,30, pochi minuti prima della valanga perché sapeva dove agganciare la cellula del telefonino. Ma anche di questa telefonata non abbiamo mai avuto riscontro: perché? Siamo rammaricati del fatto che la Prefettura, che rappresenta lo Stato, non si sia mossa e per di più abbia nascosto la telefonata».
ED ECCO IL PIZZINO. Molto tempo dopo, nel corso delle loro indagini, i carabinieri forestali del colonnello Angelozzi, e in particolare il maresciallo Marinacci, riescono a ritrovare una sorta di pizzino, in parte strappato (che pubblichiamo), dove erano state appuntate le telefonate di quel giorno, tra cui quelle del cuoco Parete e del collega Quintino Marcella che invano avevano cercato di far comprendere alla funzionaria Acquaviva quello che era realmente accaduto. Funzionaria che poi risponde con quella terribile frase che fece il giro d'Italia: «La mamma degli imbecilli è sempre incinta», per dire che si trattava forse di uno scherzo e che tutto era a posto a Rigopiano.
Un ritrovamento casuale, quello del pizzino strappato, ma prezioso per risalire alla verità su quel drammatico 18 gennaio.
LA SVOLTA. Gli investigatori ricostruiscono il tutto e si rendono conto del presunto depistaggio dei vertici della Prefettura. Un lasso di tempo piuttosto lungo che ha però una sua spiegazione in quanto i carabinieri del Ris, che operarono tra le macerie, pur ritrovando alcuni telefoni cellulari delle vittime, fra cui quello di D'Angelo, non estrassero la sequenza delle chiamate del cameriere. Ed è per questo motivo che oggi i magistrati hanno dato incarico a un esperto di tirare fuori tutto quello che è possibile dal cellulare di D'Angelo, così come hanno disposto l'acquisizione dei tabulati di tutti i telefonini ritrovati tra le macerie.
ULTIMO ATTO. Ed ecco che all'inchiesta madre si aggiunge un secondo fascicolo i cui contenuti, se provati, aprirebbero uno scenario inquietante sulla gestione dell'emergenza da parte della Prefettura di Pescara.
L'avviso di conclusione delle indagini del filone principale, lo ricordiamo, interessa 24 persone oltre alla società Gran Sasso Resort che gestiva l’albergo. Gli indagati appartengono alle istituzioni coinvolte e cioè Regione, Prefettura, Provincia, Comune di Farindola oltre ai gestori dell'hotel.
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