Schiuma bianca dal depuratore ecco il fiume ferito dai rifiuti
Viaggio lungo il Saline con gli attivisti che vorrebbero salvarlo da eternit e immondizia «Caos in via Tamigi, ora i palazzi vengono costruiti verso l’ex discarica e il corso d’acqua»
MONTESILVANO. Una schiuma bianca esce dallo scarico del depuratore e finisce nel fiume Saline, tra via Tamigi e via Danubio. Vedere quella schiuma è quasi impossibile: devi oltrepassare un muro di rifiuti, scivolare nel fango, scavalcare alberi crollati e superare un groviglio di canne robuste e alte fino a 3 metri. Poi, spunta la schiuma: «Di certo, non è normale», avverte Augusto De Sanctis, responsabile acque del Wwf, che ci accompagna lungo il fiume dei veleni insieme ai ragazzi che quel fiume vorrebbero salvarlo.
Cartolina dei rifiuti. Sono le 9,45 di mercoledì scorso: la cartolina dal Saline è sempre la stessa, con i rifiuti abbandonati in primo piano. Paraurti delle auto, 3 spoiler dei camion, televisori, computer e lastre di eternit. «Questo paesaggio sembra una natura morta, anzi, uccisa», dice Elisabetta Vespasiani, 32 anni, del Forum abruzzese dei movimenti per l’acqua. Alle sue spalle, da una parte c’è il depuratore, già al centro di due esposti dei residenti per le esalazioni, e dall’altra l’ex discarica di Villa Carmine, una bomba da 300 mila metri cubi di rifiuti a picco sul fiume che sfocia sotto i Grandi alberghi.
Palazzo-discarica. L’11 ottobre 2005, durante una conferenza dei servizi sull’ex discarica, un dirigente del Comune così riferì al ministero dell’Ambiente: «L’area», si legge sul verbale, «è stata a lungo utilizzata dal Comune, abusivamente, dapprima come scarico incontrollato e successivamente come deposito temporaneo. Il volume di rifiuti conferito è stimato in 250 mila, 300 mila metri cubi ed è stato abbancato direttamente sul suolo senza alcun trattamento di impermeabilizzazione». «Pensare che l’ex discarica resterà lì, chissà fino a quando, mi rattrista», dice Vespasiani. L’ex discarica è la quarta collina di Montesilvano: alta 27 metri, come un palazzo di 9 piani. Una discarica tra i rifiuti. Sì perché l’area del Saline è una discarica lunga 10 chilometri, così emerge dagli atti ufficiali: su 72 campionamenti eseguiti nel 2005, in 40 casi sono stati trovati rifiuti sepolti fino a 5 metri di profondità. Ecco perché, in un’altra conferenza dei servizi, Giovanni Damiani parlò del Saline come «la discarica lineare più lunga d’Italia». L’elenco degli inquinanti è lungo: il test biologico, per l’Arta, risultò «discretamente tossico».
Stop al sito Sin. Ma adesso il Saline potrebbe uscire dall’elenco dei 56 siti più inquinati d’Italia (Sin): «Ci sono enormi ritardi su messa in sicurezza e bonifica del Saline e dell’ex discarica», spiega De Sanctis, «ora, a 10 anni di distanza, scopriamo che il ministero sta per riconsegnare il sito alla Regione Abruzzo quasi come l’aveva preso anche per colpa delle continue inadempienze degli amministratori locali», continua l’ambientalista Wwf, «vedremo se la Regione ce la farà a portare avanti il progetto: su questo, però, nutro più di un dubbio perché il servizio Rifiuti è sottodimensionato».
Dossier inquinamento. «Avevo 13 anni quando ho consegnato il mio primo dossier sull’inquinamento del Saline all’allora sindaco Renzo Gallerati e alla forestale», racconta Corrado Di Sante, segretario provinciale di Rifondazione comunista ed ex candidato sindaco. Dopo 17 anni, è cambiato poco: almeno, adesso, l’ex discarica è coperta con teli di plastica anche se ci sono voluti 10 anni di pressioni e un commissario, Domenico Orlando. «Ora, la città deve adottare il suo fiume, serve la partecipazione di tutti», dice Di Sante.
Rabbia dei ragazzi. «Il cambiamento deve partire da noi», afferma Francesca Palmucci, 20 anni, una che ha sempre guardato il Saline e visto sempre la stessa discarica a cielo aperto. Palmucci studia Scienze dell’architettura all’università di Ascoli Piceno e di Montesilvano salverebbe poco: «Serve la raccolta differenziata e dobbiamo insegnare alla gente come gettare la spazzatura, partiamo da qui».
Via Tamigi, case e rifiuti. In via Tamigi si incrociano e si scontrano le contraddizioni di Montesilvano: prima, questa era l’ultima periferia, oggi, è un’appendice del centro. Così, la città cresce e i palazzi spingono verso il fiume fino a premere, a un pugno di metri, sul depuratore, sulle imprese, su una cava e sull’ex discarica: tutto in fazzoletto. «Passeggiando sul fiume, penso che può soltanto peggiorare», dice Lorenzo Palmucci, 21 anni, studente di Geologia, «se fossi il sindaco cercherei di impedire lo scarico abusivo dei rifiuti con telecamere e multe salate. Sarebbe già un primo passo».
«Invito al sindaco». «Il fiume è lo specchio di Montesilvano», riflette Paolo Mantini, 22 anni, attivista dell’Abruzzo social forum e militante di Rifondazione comunista, «in Europa, i fiumi sono elementi di valore mentre qui non è così. Sindaco e assessori potrebbero fare un sopralluogo per capire da dove cominciare».
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