Segreti e futuro dello street food Le idee di Uliassi

28 Giugno 2014

Lo chef cura il festival del cibo da strada «Più economico, più conviviale e buonissimo»

SANT’ANGELO. Porchetta, arrosticino, patatine, panini, cartocci di pesce fritto. Ma anche piatti di pasta, gnocchi al sugo di papera, rotoli di sfoglia, zuppa in ciotola, e tutto quello che può venire in mente per soddisfare il bisogno primario del'appetito: questo è lo street food, il cibo da strada, un concetto da rispolverare e da reinterpretare con gioia e professionalità.

È stato chiesto a Mauro Uliassi, chef bistellato marchigiano, di fare da direttore artistico allo Street food festival iniziato giovedì al Città Sant'Angelo Village. Ideatore del progetto "Uliassi street good", Mauro Uliassi spiega il senso di un nuovo approccio alla cucina italiana "low cost". «Street food è tutto quello che si mangerebbe al ristorante, però senza ristorante», osserva, «ossia senza le sovrastrutture tipiche della ristorazione, come il servizio, i camerieri, le sedute, la toilette e così via. I finger food sono un'evoluzione glamour di questo concetto, ma in realtà il cibo di strada nasce per rispondere allo stimolo immediato, nudo e crudo, della fame. È più economico e, se vogliamo, più conviviale di un ristorante, perché, venendo meno i tavoli, ci si adatta, si creano situazioni».

Per questo i tre punti dello Street Food Festival sono negli snodi di maggiore passaggio nel Città Sant'Angelo Village, in modo che ogni giovedì, previa registrazione e ritiro di un tagliando apposito, tutti possono prelevare gratuitamente il loro piccolo street food e consumarlo camminando o sulle panchine. Ogni giovedì viene dispensato da tre cuochi diversi, abruzzesi o marchigiani, che nella stessa sera si alterano anche in altrettante dimostrazioni sul palco per raccontare le loro creazioni. «Chi cucina è una persona fortunata», assicura Uliassi, «perché ha il privilegio di coniugare, quotidianamente, amore e cibo, che sono innanzitutto due aspetti della vita da cui non possiamo prescindere, ma anche gli unici due che coinvolgono tutti e 5 i sensi. Si tratta, in entrambi i casi, di occuparsi di un'altra persona e darle piacere: nel caso del cibo, è ancora più complesso, perché è un risultato che si ottiene con una ricerca, uno studio». Il "panino alla porchetta con la porchetta" che Mauro Uliassi ha proposto al Città Sant'Angelo Village è il riassunto di questi 5 sensi: un panino che sa di porchetta già a partire dal pane stesso, spennellato con timo, finocchio selvatico, aglio e rosmarino, ossia gli aromi caratteristici della porchetta. «È l'elemento olfattivo il collegamento emozionale tra noi e un piatto, nel nostro cervello», spiega lo chef, «è da lì che un cuoco dovrebbe iniziare, andando poi a concentrarsi, naturalmente, sul gusto, lavorando sull'equilibrio tra l'acido, l'amaro, il salato e il dolce, e dedicandosi poi al tatto e all'udito con giochi di croccante e morbido». Con questi crismi nasce lo street food gourmet, che secondo Uliassi, che ha concepito il suo progetto nel 2007, è un vero e proprio lavoro alternativo, specie per i tanti giovani cuochi, figli di un boom mediatico che rischia di rivelarsi un'arma a doppio taglio: «Un imprenditore deve ricordarsi di restare con i piedi per terra», consiglia. «Non siamo più negli anni '90, quando bastavano tre anni per rientrare negli investimenti: lo street food gourmet può essere, allora, un nuovo business per chi vuole fare alta ristorazione, con una spesa iniziale che può essere anche di 60mila, 100mila euro. Sarebbe un lavoro che non ha mai tempi morti e che è estremamente formativo, perché insegna l'organizzazione, lo stoccaggio, a stare molto attenti alle tecniche di conservazione. Inoltre stimola molto la fantasia: noi abbiamo reinterpretato tiramisù, bomboloni e mojito per renderli funzionali al servizio da truck».

Ma dov'è la novità, per il pubblico? Cosa differenzia delle ali di pollo gourmet da quelle comuni? «Un boccone di street food gourmet è pensato da un professionista che ha sviluppato determinate tecniche e conoscenze, e che è abituato a una ricerca della materia prima e a un impatto obbediente a determinate regole di pulizia estetica e di ordine», conclude. «Inoltre, fare la fila ad un truck di street food gourmet ha lo stesso fascino del "reality": è come stare davanti ad una cucina a vista e osservare il lavoro dei cuochi in divisa, attenti a tanti piccoli particolari, che si adoperano con la stessa alacrità che applicano ogni giorno».

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