Si appropria dei soldi degli assistiti per oltre 185mila euro: condannato avvocato pescarese
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Il professionista, unico delegato a ritirare le pensioni, si è impossessato di circa 200mila euro. Dovrà scontare 2 anni e 8 mesi. Il difensore aveva chiesto l’assoluzione piena, il pm la condanna a 3 anni e 4 mesi. Ora dovrà risarcire i danni
PESCARA. Arriva la condanna con il rito abbreviato a 2 anni e 8 mesi di reclusione per un avvocato di Pescara accusato di peculato, per essersi appropriato di ingenti somme di denaro nella sua funzione di amministratore di sostegno di persone bisognose di assistenza. Era stato nominato dal tribunale, come è prassi, per questo delicato e importante ruolo che dovrebbe garantire la massima trasparenza e correttezza da parte dei legali nominati, ma poi, a distanza di anni, è stato lo stesso giudice tutelare a fare una dettagliata segnalazione in procura e a far scattare l’inchiesta che ha poi portato il professionista pescarese davanti al gup Mariacarla Sacco che lo ha condannato.
PRELIEVI E BONIFICI
Il giudice tutelare aveva evidenziato come l’avvocato, nello svolgimento del suo delicato impegno «aveva effettuato illeciti prelievi, bonifici, assegni bancari a favore di se stesso e/o di terzi, privi di qualsivoglia causale o adempimento di obbligazioni pecuniarie dei singoli amministrati». Insomma, l’imputato, nell’amministrare i beni dei suoi tre assistiti (da maggio 2011 a luglio 2018), non avrebbe mai redatto e depositato il rendiconto finale relativo a ciascuno dei suoi amministrati. Ma il bubbone esplose in maniera ancor più eclatante quando il tribunale nominò, per ciascuna delle tre vittime in sostituzione del legale sotto inchiesta, altrettanti nuovi amministratori di sostegno che si resero subito conto dell’assoluta mancanza di documenti giustificativi per quell’enorme giro di prelievi, di assegni e via discorrendo, ma soprattutto che ai tre amministrati non vennero mai consegnati neppure quei soldi minimi per le eventuali spese mensili, e non vennero pagate neppure le rette delle residenze in cui si trovavano ricoverati.
TRE VITTIME
Nel capo di imputazione si legge che l’imputato «si appropriava indebitamente della complessiva somma di euro 273 mila», anche se poi le successive consulenze affidate a commercialisti, avrebbero accertato circa 100mila euro ai danni del primo assistito; 86mila euro ai danni del secondo; e 252 euro per il terzo, arrivando a quantificare una somma complessiva di poco superiore ai 185mila euro. Il giudice ha riportato in sentenza i risultati dell’esperto contabile, considerando le sue «argomentazioni e valutazioni logiche, coerenti e documentalmente riscontrate, applicando una metodologia corretta, ispirata a criteri di valutazioni economiche, fiscali e tributarie».
INCASSO DELLE PENSIONI
«Le prove in atti riscontrano», conclude il giudice Sacco, «al di là di ogni ragionevole dubbio, la colpevolezza dell’imputato il quale si è impossessato, nell’esercizio delle sue funzioni pubbliche di amministratore di sostegno, di ingenti somme di denaro dei suoi amministrati quantificate in complessivi 185mila euro, secondo quanto accertato dal perito, senza alcuna giustificazione. A fronte di tali prelievi, l’imputato non ha mai provveduto a rendicontare le spese sostenute per conto dei suoi amministrati come tenutovi per legge, essendo l’unico soggetto autorizzato dal giudice tutelare all’incasso delle pensioni degli amministrati e incaricato della gestione del loro patrimonio».
INDAGINI DELLA FINANZA
Determinanti sono state anche le indagini svolte dalla guardia di finanza mediante acquisizione di documentazione bancaria presso i vari istituti di credito. E riguardo a una delle tre vittime, le fiamme gialle hanno accertato, ad esempio, che erano stati effettuati prelievi privi di causale di contante, con moduli di sportello per un importo complessivo di 161mila euro; emissione di assegni per circa 10mila euro; bonifici per circa 3.000 euro. «Nello stesso periodo», aggiunge il giudice, «erano state smobilizzate polizze vita, titoli, certificati di deposito per circa 151mila euro sul portafoglio investimenti». Per la seconda vittima vennero accertati prelevamenti privi di causale per 145mila euro, emissione di assegni per circa 75mila euro in favore dello stesso imputato o di terzi, e lo smobilizzo di polizze vita, titoli e certificati di deposito per 70mila euro.
DIFESA E ACCUSA
Il difensore dell’imputato aveva chiesto l’assoluzione piena per il suo assistito mentre il pm la condanna a 3 anni e 4 mesi. Il giudice ha anche condannato l’imputato al risarcimento dei danni in sede civile, applicando allo stesso l’interdizione dai pubblici uffici per la durata della condanna.