ABRUZZO
Stop al fermo, si torna a pescare ma con le limitazioni
La marineria riprende il mare, può lavorare tre giorni (e non 4) alla settimana e ancorare oltre le 6 miglia (non alla fossa di Pomo). Gli armatori: «Il gasolio è alle stelle, non riusciamo a tirare avanti»
PESCARA. Stop al fermo pesca: la marineria abruzzese torna in mare a mezzanotte. E con le limitazioni di lavorare tre giorni a settimana (da lunedì a giovedì), e non quattro e di poter ancorare solo oltre le 6 miglia e non più alla fossa di Pomo, zona di ripopolamento.
A questo si aggiunge che si presume che il pescato, ossia mazzoline, triglie, seppie, mazzancolle, merluzzetti, scampi, sarà abbondante nei primi giorni sulle tavole dei ristoranti e a casa, ma che i prezzi subiranno un rialzo (da stabilire), già ritoccati fino al 25% nell'ultimo mese, durante il fermo biologico. Un provvedimento contestato dalla categoria che ha chiesto di nuovo aiuto alla Regione e al governo e che suggerisce il blocco settimanale e non annuale.
Dopo oltre un mese di stop allo strascico, cominciato il 19 agosto scorso, lo stato d'animo degli armatori e degli operatori del settore, è pessimo: «Stiamo peggio di prima», tuonano Riccardo Padovano, presidente di Sib Confcommercio e l'armatore di Pescara Massimo Camplone, «fermare la pesca durante la stagione estiva è una fregatura, un grande danno all'enogastronomia che penalizza noi, i pescaresi e i turisti che amano il pesce dell'Adriatico». Una situazione «aggravata dal caro carburanti», tirano le somme, «che da 40 centesimi dello scorso anno è lievitato a un euro a litro; dal dragaggio continuamente rinviato, che costringe i pescatori a darsi la precedenza, in rientro e in uscita all'imboccatura del porto canale i cui fondali quasi in secca». E come se non bastasse «sono tre anni che aspettiamo dal governo i fondi di ristoro del fermo tecnico».
Ma non è finita «perché le ultime disposizioni governative ci impongono di lavorare tre giorni, da lunedì a giovedì, e non quattro e possiamo ancorare solo oltre le sei miglia e non più alla fossa di Pomo, zona di ripopolamento». «Si torna in mare con tanti interrogativi e uno stato di forte agitazione», è l'analisi di Padovano, «in questo mese abbiamo avuto grande difficoltà nella promozione turistica enogastronomica. La frittura di paranza prima del fermo costava 12-13 euro a porzione, durante il fermo è arrivata a 15; il brodetto da 30 a 35, le grigliate a 25 euro. È una situazione insostenibile, il fermo pesca dovrebbe esserci due giorni a settimana per promuovere il ripopolamento, ma il governo deve sostenere la categoria. Stiamo costituendo una associazione di produttori ittici per dare voce ai giovani che vanno tutelati».
Gli armatori nei giorni scorsi hanno avuto un incontro con il presidente del consiglio regionale, Lorenzo Sospiri. Camplone, a capo delle imbarcazioni Emily e Sharon C: «A Regione e governo chiediamo che a Pescara si risolva la questione del dragaggio, non si può più andare avanti attaccandoci alle radio per sapere chi deve entrare o uscire per prima dal porto canale, nelle zone dove dobbiamo attraccare i fondali toccano il mezzo metro di acqua che arriva a 4 o 5 metri all'imbocco del porto canale dove entriamo strisciando sulla sabbia. Ma poi tutti si riempiono la bocca sulla sicurezza. Tra caro-carburanti, ristori che non arrivano, pulizia dei fondali che chiediamo con insistenza da anni e che non si capisce per quale motivo facciamo fatica ad ottenere in una città di mare e di pesca, un fatto è certo: non possiamo aspettare i tempi lunghi del nuovo porto».