L’AQUILA

"Ti butto dal balcone”: botte e maltrattamenti al padre, 50enne condannato a 3 anni e 4 mesi

20 Febbraio 2025

Pena inflitta a un 50enne già in passato accusato di maltrattamenti all’anziano: minacciava di buttarlo dal balcone

TERAMO. Era già successo in passato: le botte al padre 80enne, l’allontanamento dalla casa familiare, una prima condanna a due anni per quei maltrattamenti. Ma per un genitore non è mai facile chiudere con figlio: «sono cambiato, fatemi tornare» aveva detto lui ai genitori. Così era rientrato a casa, per qualche tempo in un’apparente tranquillità.

Poi di nuovo botte, minacce di buttarlo dal balcone in un clima di terrore che aveva portato il padre a denunciarlo ancora. Ieri mattina l’uomo, un 50enne teramano, è stato condannato a tre anni e quattro mesi al termine di un rito abbreviato che si è svolto davanti al giudice per le udienze preliminari Roberto Veneziano. L’uomo attualmente è in carcere dopo i nuovi episodi maltrattamento.

Il padre si è costituito parte civile rappresentato dall’avvocato Monica Passamonti. Il figlio è stato difeso dall’avvocato Berardo Di Simplicio.

I fatti, secondo l’accusa, si sono verificati dal settembre del 2023 al luglio del 2024 nell’abitazione familiare in cui il 50enne era tornato a vivere. Secondo la Procura il 50enne, spesso in stato di ubriachezza e sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, avrebbe sottoposto l’anziano a continue vessazioni «sia fisiche consistite nel colpirlo con manate e schiaffi», si legge nel capo d’imputazione, «sia psicologiche concretizzatesi con minacce di morte del tipo “Ti butto dal balcone”». In particolare, nel capo d’imputazione, si fa riferimento a un episodio avvenuto nel luglio dell’anno scorso e in seguito al quale il padre avrebbe presentato denuncia. In quell’occasione, sostiene l’accusa, «mentre la parte offesa si trovava all’interno della cucina, lo colpiva con una manata alla schiena». Episodio per cui l’uomo all’epoca venne medicato al pronto soccorso e dimesso con una prognosi di tre giorni. Nel capo d’imputazione, inoltre, si fa riferimento allo stato d’ansia e di paura in cui l’anziano era costretto a vivere dopo il rientro del figlio. In alcune occasioni sarebbe stato costretto a mangiare da solo e in altre il figlio gli avrebbe impedito di vedere la televisione dicendogli che l’apparecchio non era di sua proprietà.

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