Truffa, il pm ricorre contro i Barretta «Sbagliato assolverli»

Ricatti a Lady Bmw: nel mirino di Varone moglie e figli dell’imprenditore di Pesco condannato a 7 anni e mezzo

PESCOSANSONESCO. Ricorrerà in appello, il pm Gennaro Varone, titolare dell’inchiesta sbocciata il 23 maggio 2008 con un blitz di ottanta poliziotti italiani e tedeschi nel rifugio Valle Grande di Pescosansonesco di Ernani Barretta.

Il presidente del collegio Camillo Romandini ha assolto dal processo per i ricatti a luci rosse a Lady Bmw i figli di Barretta, Clelia e Marcello, la moglie Beatrice Batschelet e la moglie del gigolò Franziska Sgarbi. I quattro erano accusati di associazione per delinquere ma Romandini ha ritenuto la famiglia estranea alla presunta organizzazione guidata da Ernani Barretti, l’uomo accusato di agganciare facoltose donne tedesche per estorcere loro denaro.

Una sentenza che, adesso, sarà impugnata dal pm che per i quattro aveva chiesto sei anni di reclusione considerandoli complici di Barretta nel raggiro alle donne tedesche. Secondo l’accusa Barretta era il regista mentre l’amico gigolò svizzero Sgarbi era il seduttore che agganciava le donne tedesche tra cui Lady Bmw, la maggiore azionista della casa automobilistica che sarebbe stata truffata di 7 milioni di euro.

La sentenza, infatti, ha condannato Barretta a sette anni e sei mesi per truffa aggravata e, inoltre, ha disposto la trasmissione degli atti al pm per aprire un’eventuale inchiesta per ricettazione. Nel rifugio, all’epoca del blitz, vennero trovati 1 milione e 800 mila franchi svizzeri e 500 mila euro: soldi che, per il pm, sono il provento della truffa. Secondo Varone quei soldi provano che i familiari di Barretta sapevano quello che stava facendo l’imprenditore ed ecco perché ha deciso di impugnare la sentenza e ricorrere in appello.

Sono cadute, poi, le accuse di favoreggiamento per le due dipendenti del rifugio Valle Grande di Pescosansonesco, ossia Prisca Furger e Sandra Febbo per cui, però, era stato lo stesso pm a chiedere l’assoluzione perché, come aveva detto durante la requisitoria, «non si sono rese conto di quello che accedeva». Accanto all’appello dell’accusa, anche la difesa ha deciso di impugnare la sentenza. (p.au.)

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