«Un atto simbolico durante il conflitto»
Speranza e monito, è, oggi, il volo su Vienna nell’analisi di Maurizio Biondi (nella foto), consulente storico dell’associazione Fly Story. Cento anni dopo, l’impresa del Vate «conserva intatto il...
Speranza e monito, è, oggi, il volo su Vienna nell’analisi di Maurizio Biondi (nella foto), consulente storico dell’associazione Fly Story. Cento anni dopo, l’impresa del Vate «conserva intatto il suo fascino». Fu «un atto simbolico compiuto nel corso di «un conflitto cruento come la Grande Guerra, grazie all’intuizione, alla dedizione e al coraggio di un’artista. Il successo propagandistico della missione, che il 9 agosto 1918, portò i velivoli della 87° Squadriglia “Serenissima” sul cielo di Vienna, fu la conseguenza della sua natura dimostrativa e della carismatica presenza di Gabriele d’Annunzio».
«Oggi» , prosegue Biondi, «il ricordo del volo su Vienna consegna all’Unione Europea, messa alla prova della Storia, un monito e una speranza. Il monito riguarda la tragedia della guerra che in due riprese, dal 1914 al 1945, ha insanguinato il continente. Un conflitto distruttivo, totale e fratricida per esorcizzare il quale occorre conservarne memoria. La speranza consiste nella volontà espressa cento anni fa dagli aviatori italiani che, nonostante il volo fosse un volo di guerra, fecero prevalere le ragioni della civiltà sulle ragioni dell’odio».
Se nel 2018 è «possibile rievocare e finanche ripetere il volo, come si apprestano a fare, con spirito sportivo e in nome della cooperazione tra i popoli, per la terza volta in venti anni, gli aviatori dell’associazione abruzzese Fly Story, lo si deve al fatto che quel mattino di agosto, sulla capitale dell’Impero asburgico, non piovvero bombe ma volantini. D’Annunzio ideò, fortissimamente volle e condusse l’impresa affiancato dai suoi giovani colleghi aviatori. Lui aveva più di cinquanta anni.
Partito volontario per una guerra nella quale vedeva il compimento dell’Unità nazionale e del Risorgimento, portava con sé il fascino raro dell'intellettuale capace di passare dalle parole ai fatti».
«Oggi» , prosegue Biondi, «il ricordo del volo su Vienna consegna all’Unione Europea, messa alla prova della Storia, un monito e una speranza. Il monito riguarda la tragedia della guerra che in due riprese, dal 1914 al 1945, ha insanguinato il continente. Un conflitto distruttivo, totale e fratricida per esorcizzare il quale occorre conservarne memoria. La speranza consiste nella volontà espressa cento anni fa dagli aviatori italiani che, nonostante il volo fosse un volo di guerra, fecero prevalere le ragioni della civiltà sulle ragioni dell’odio».
Se nel 2018 è «possibile rievocare e finanche ripetere il volo, come si apprestano a fare, con spirito sportivo e in nome della cooperazione tra i popoli, per la terza volta in venti anni, gli aviatori dell’associazione abruzzese Fly Story, lo si deve al fatto che quel mattino di agosto, sulla capitale dell’Impero asburgico, non piovvero bombe ma volantini. D’Annunzio ideò, fortissimamente volle e condusse l’impresa affiancato dai suoi giovani colleghi aviatori. Lui aveva più di cinquanta anni.
Partito volontario per una guerra nella quale vedeva il compimento dell’Unità nazionale e del Risorgimento, portava con sé il fascino raro dell'intellettuale capace di passare dalle parole ai fatti».