BOCCE

Eterno Dante D’Alessandro: A 74 anni il Maradona delle bocce è ancora in Serie A

24 Gennaio 2025

 Dante D’Alessandro, da Roseto, è un’icona nel mondo delle bocce. Lo chiamavano il Maradona delle bocce. E si diverte ancora: “Do una mano alla squadra di Mosciano e in più faccio qualche torneo”

Un’icona per più generazioni. Dante D’Alessandro in campo nella serie A di bocce è come se Baggio decidesse di rimettersi gli scarpini per tornare a deliziare i suoi tifosi. Anzi, forse non renderebbe l’idea fino in fondo dello spessore del personaggio in questione. Sì, perché Dante D’Alessandro, da Roseto, è un’icona nel mondo delle bocce. Lo chiamavano il Maradona delle bocce. Ha vinto in Italia e nel mondo. Nella città che vive e si ciba di pallacanestro c’è ancora colui il quale ha fatto la storia del movimento bocciofilo. E oggi a 74 anni gioca in serie A con la Capriotti Mosciano, la massima espressione del movimento in Abruzzo allenata da Antonio Di Domenico. «Do una mano, metto a disposizione la mia esperienza», racconta Dante D’Alessandro. «Senza bocce non riesco a stare. Qualche anno fa sono rimasto fuori dalla federazione, perché il presidente a cui era legato il mio mandato, non è stato confermato e ho ricominciato a giocare». Una carriera ricca di successi riassunta in un libro che sta per uscire in cui “il Maradona delle bocce” racconta la sua vita e i suoi successi. Un cammino ricco di aneddoti. L’unico giocatore di bocce ad aver ricevuto il Collare d’Oro dal Presidente della Repubblica nel 1996. «Io al Quirinale, premiato da Scalfaro, un’emozione unica». Alla Capriotti Mosciano gioca alla bisogna, è una sorta di valore aggiunto. «La basi te le dà il talento, ma serve molto lavoro. Molto allenamento. E io sono stato tra i primi a curare anche la preparazione atletica». Vigile del fuoco in pensione, cresciuto con il mito di Gianni Rivera, innamorato del tennis ed estimatore di Sinner. «Alla mia età ho la possibilità di fare quello che voglio», aggiunge, «aiuto Mosciano in serie A e poi faccio le gare che più mi interessano». Rende bene il gioco delle bocce? «Non ci si vive, ma aiuta a vivere bene. Se poi hai anche qualche sponsor tanto meglio. Io ne ho avuto diversi».

L’escalation. A 24 anni vince le provinciali, a 25 la prima gara nazionale, e poi la svolta: rientra nel corpo dei Vigili del Fuoco e grazie ai turni riesce ad allenarsi meglio: «Pensai che bisognava allenarsi fisicamente. Era il 1978, incuriosito andai a vedere gli esercizi del Roseto Basket e ne ebbi la prova: il futuro di uno sportivo si costruisce in allenamento. Da lì, grazie anche al Circolo Rosetano che mi ha sempre messo a disposizione i suoi campi, allenando fisico e tecnica in 5 mesi ho fatto il salto di qualità, passando al ruolo di bocciatore e diventando un giocatore completo. Da lì ho iniziato a vincere tanto, anche perché non ho mai subito gravi infortuni», racconta con una certa soddisfazione. Passa 21 stagioni alla De Merolis facendo incetta di titoli: «Tante le gare giocate insieme a Renato Scacchioli: il mondiale dell’89, vinto con lui, Bagnoli e Mussini è nel cassetto dei bei ricordi».

L’album dei ricordi. Di mondiali ne ha vinti 15: qual è quello che ha nel cuore? «Il primo, disputato in Svizzera nel 1983. Era la prima uscita per la Federazione riunificata, e portai a casa 3 medaglie d’oro tra individuale, squadre e terna. Mancò solo il titolo di coppia, che non arrivò solo perché si giocava in contemporanea. Ma poi ci sono altri bei ricordi: il primo titolo italiano individuale dell’84, vinto al Palazzetto di Pesaro davanti a 5mila persone, e poi l’irripetibile 1985, dove vinsi 86 gare consecutive: quando perdemmo in coppia, Scacchioli mi sorrise e disse, “Meno male, era ora”. In mezzo a tanti trionfi una nota stonata, una sconfitta che a distanza di anni brucia ancora, segno evidente del suo carattere: «Finale per l’italiano individuale del 1983 a Cantù: ero in stato di grazia, avanti 10 a 4 quando si vinceva a 15. Avrei potuto fare un punto facile, invece il pubblico si alzò chiedendomi di tirare al pallino, e gli diedi retta. Tirai ma mi tremarono le gambe, e per inesperienza non mi fermai: persi 15 a 14. Una lezione che non ho più dimenticato». E poi una riflessione: «Ancora oggi mi dispiace l’esser poco considerato dalla città in cui vivo. E poi c’è il tempo sottratto alla famiglia: con le ferie giocavo nei tornei, ed oggi rimpiango il non aver visto crescere le mie figlie. Ma lo sport è così, o lo fai a 360 gradi, o non hai risultati; adesso cerco di recuperare coi nipoti». Ma d’estate al mare, ci sono quelli che la sfidano? «Spesso, ed è sempre un piacere. A volte poi nascono gli scherzi: magari faccio finta di non saper giocare, poi accelero e ci si fa insieme una risata, magari davanti ad una birra». Nel 2002 la decisione di lasciare la maglia azzurra: «Una mia scelta. Quell’anno persi la finale mondiale con l’italiano Benedetti. Da lì in avanti purtroppo, siamo arrivati per tre volte secondi, ma con atleti abruzzesi che ho personalmente cresciuto: due volte con Formicone, una con Di Nicola. Aver portato e poter lasciare la scuola abruzzese ad alto livello mi rende orgoglioso, visto che oltre a loro due ci sono anche Nanni e Barbieri, tutti allenati da me alla De Merolis». Nel 2008 smette di giocare e in federazione ricopre il ruolo di responsabile di tutte le attività, raffa volo e petanque: «Anni bellissimi, poter trasmettere ai giovani la mia mentalità vincente è stato un dono, ed in 8 anni abbiamo vinto medaglie come non mai nella storia. Abbiamo fatto tutti un gran bel lavoro».

La scheda. Dante D’Alessandro è nato a Roseto il 3 settembre 1950 ed è stato travolto dalla passione per le bocce a soli 15 anni, quando ha varcato per la prima volta la porta del Circolo Bocce Teramano che lo ha tesserato nel 1969. Specialità Raffa, ha iniziato da puntista, ma grazie all’allenamento è diventato un bocciatore. Con la De Merolis di San Nicolò, in 21 anni ha vinto di tutto e di più. Impressionante il palmarés: 15 mondiali tra gare a singolo, a coppie, a terne ed a squadre, 2 titoli europei e 4 italiani. Per meriti, ha ricevuto il Collare d’Oro dal Presidente della Repubblica nel 1996. Dopo aver militato in diverse altre squadre, nel 2008 ha chiuso la carriera col Monastier Treviso. Dal 2009 al 2016 è stato in federazione, da responsabile delle squadre nazionali, mietendo successi; finito il mandato, non resiste alle sirene dell’Aper Perugia, dove ha giocato ancora, alternandosi al ruolo di responsabile FIB in commissione tecnica. Padre di tre figlie, Sabina, Antonella e Luana avute dalla prima moglie Fiorella, e nonno di quattro nipoti (Simone, Lorenzo, Emiliano e Camilla), ha una nuova compagna, Rosamaria con la quale convive a Roseto. Da mesi è in forza alla Capriotti Mosciano.

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