Le scelte di Prandelli che fanno discutere

22 Giugno 2014

La sconfitta frutto anche di soluzioni tattiche sbagliate

INVIATO A BELO HORIZONTE. Il caldo, e vabbè. La sfortuna, e vabbè/2, l’avversario rivelazione, e vabbè/3. Ma poi ce lo vogliamo dire o no che questa Italia ha commesso errori da amatori Uisp, sbagliando sotto ogni fronte: formazione, approccio, tattica e cambi. Perché altrimenti a suon di alibi succede che la lezione non è servita a niente e ci bastona anche l’Uruguay. Meglio prevenire che poi stare a leccarsi ferite troppo profonde.

Perché 17 giocatori? Ci sono momenti per spremere e momenti per far riposare. Quella con il Costa Rica era una partita dal valore infinito, perché poteva darci la qualificazione anticipata e consentire così alla squadra di avere nove giorni per preparare con calma l’ottavo di finale. Se andiamo invece ad analizzare le prime due partite, si scopre che Prandelli ha utilizzato addirittura 17 giocatori e solo uno di questi (Sirigu) è entrato in campo per l’infortunio di un compagno. Le altre sono state tutte scelte tecniche, per certi versi anche contraddittorie. Perché alcuni giocatori come Paletta e Verratti sono passati da una maglia da titolare a non entrare in campo, percorso inverso invece per Abate. Come si spiega questo utilizzo massiccio di giocatori su giocatori? C’è chi parla di uno spogliatoio con qualche piccola crepa, da qui la necessità di dare spazio un po’ a tutti. Ma questa sarebbe una debolezza tremenda, una trappola nella quale un Ct non può cadere.

Perché quattro punte? Presentare un Abate in queste condizioni (e non è da una settimana che annaspa…) ed essere costretti a spostare Darmian, ripropone i dubbi sulle scelte dei 23. Un Criscito avrebbe fatto molto più comodo di un Parolo che vedrà il campo col binocolo perché è la riserva (Aquilani) della riserva (Thiago Motta) dei titolari (Pirlo e Verratti). A cose fatte, anche inserire Buffon al posto dell’ottimo Sirigu non è stata mossa azzeccata. Piuttosto inquieta come il ct abbia perso il controllo della situazione quando nel finale ha giocato con quattro punte (Balotelli, Cassano, Insigne e Cerci), più De Rossi avanzato e due esterni bassi (Abate e Darmian) stanchissimi. Era il caso di rischiare così tanto?

Eppure bastava un minimo di lucidità per capire che l’1-1 non ci avrebbe cambiato più di tanto la vita (comunque poi bisognava non perdere con l’Uruguay), mentre il 2-0 ci avrebbe costretti a vincere a ogni costo l’ultima partita. Certo Prandelli ha detto che pensava di sostituire Balotelli con Immobile ma poi Marchisio esausto ha chiesto il cambio e così sono saltati i piani del ct.

Il girarrosto. Il caldo non basta a giustificare l’impatto molle e una manovra al limite della decenza. Non si può giocare un Mondiale al ritmo del girarrosto del kebab.

Contro l’Inghilterra il nostro tiki taka era stato brillante, una ragnatela di passaggi che però aveva sbocchi, sia esterni che in profondità. Contro il Costa Rica non abbiamo mai usato le fasce, e l’unica profondità erano i lanci a occhi chiusi di Pirlo.

Sudamerica e storia. Ora comunque pensiamo all’Uruguay. Non sarà una passeggiata perché questo Mondiale per ora ha dimostrato che le squadre europee soffrono da matti con le sudamericane. Lo dicono una sfilza di risultati: Brasile-Croazia 3-1, Spagna-Cile 0-2, Colombia-Grecia 3-0, Uruguay-Inghilterra 2-1, Italia-Costa Rica 0-1, Argentina-Bosnia 2-1. L’unica eccezione è stata Svizzera-Ecuador 2-1.

Preoccupante? Prendiamone atto ma non esageriamo, anche perché se già iniziamo a vedere i fantasmi, finiamo peggio che con il Costa Rica. Casomai ricordiamoci che storicamente l’Italia non è mai andata bene nella seconda partita, lo dimostra il fatto che nelle ultime tre edizioni di Europei e Mondiali non abbiamo mai vinto. Ciò non toglie che una prima fase sofferta, con qualificazione conquistata per un soffio, sia stata anche l’antipasto di trionfi come successo nel 1982 e nel 2006. Insomma, proviamo anche a pensare positivo. Intanto passiamo la prima fase, poi ne riparliamo.

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