Calcio

Letizia, un cuore da scugnizzo: «Io, Scampia e il sogno azzurro»

15 Marzo 2025

Il terzino del Pescara: «Orfano a 2 anni, sono cresciuto alle Vele, ma non ho mollato». I primi calci nei campi sotto casa che qualche anno fa ha riqualificato: «Sono legato alla mia terra, se sono arrivato in alto devo tutto a mio padre»

PESCARA. Dalle Vele di Scampia alla serie A. Una storia di riscatto sociale, da raccontare nelle scuole, da catalogare sotto il nome sacrificio, ma anche un mix di passione e amore. Gaetano Letizia è uno di quelli che può dire a voce alta «ci sono riuscito», partendo dal basso fino all’olimpo del calcio italiano. Il terzino del Pescara nelle ultime settimane si è preso la scena con i suoi assist preziosi, l’ultimo martedì contro il Pontedera. Ripescato nella Feralpi e portato in Abruzzo a gennaio dal suo vecchio amico e direttore sportivo Pasquale Foggia, ora il 34enne napoletano si sta rivelando l’arma preziosa per la volata promozione.

Dopo tanto girovagare ora l’avventura a Pescara.

«Sì, finalmente direi».

Addirittura.

«Mi creda, ho sempre avuto il pallino di questa maglia dal 2012. Giocavo a Carpi in serie C e venni all’Adriatico per una partita di Coppa Italia, il Pescara era in A e lo stadio era strapieno. Avevo questo sogno e ci sono riuscito».

E come si trova?

«Benissimo. Io e la mia compagna (Martina, ndr) abitiamo vicino al mare e per noi, da buoni napoletani, la presenza del mare è molto importante. Nelle mie passate avventure non ho mai giocato in città di mare. Qui si mangia bene, il clima è perfetto e le persone sono molto gentili. Pescara è davvero un bel posto».

Per come sono andate le ultime due partite, tutti vorrebbero giocare con Letizia: gol assicurati. Entra dalla panchina e lascia il segno con i suoi assist.

«Sono contento di poter aiutare i miei compagni. Stiamo andando bene, siamo in grande ripresa. Dobbiamo stare tranquilli, lavorare e non bisogna farsi prendere dallo sconforto. Questa squadra è stata al 1° posto per tanto tempo e non è stato un caso. Il periodo di flessione è stato causato da un blocco mentale e l’unica medicina è la spensieratezza».

Quindi, nulla è compromesso in ottica serie B?

«Fino a quando la matematica non ci estrometterà dalla corsa al primo posto, io ci credo. Mancano 7 partite, ci sono 21 punti in palio e la vetta è distante 11 punti. Perché non dovrei crederci? Anche l’Entella sembrava imprendibile fino a qualche settimana fa, mentre adesso ha solo due punti di vantaggio sulla seconda».

È molto ottimista.

«No, sono realista. Non vedo squadre più forti nel girone e l’abbiamo dimostrato. Io credo alla promozione diretta, altrimenti pazienza e aspetteremo i play off. Qui meritano almeno la serie B, i tifosi della curva sono sempre presenti anche in trasferta e lo dobbiamo a loro. A Pescara c’è passione e spero di vedere tanta gente sabato contro la Vis Pesaro».

Lei, poi, è uno specialista di promozioni.

«Ho vinto tre campionati, uno proprio dalla C alla B a Carpi, battendo il Lecce nella finale play off. Mi piacerebbe centrare il poker».

Silvio Baldini ha sempre speso parole al miele per lei.

«Lo ringrazio e sono felice di averlo incontrato. Baldini ti insegna i valori della vita prima degli schemi e della tattica. È una persona incredibile e in tanti discorsi che fa mi rivedo tantissimo in lui. I suoi capisaldi sono anche i miei, come l’onestà, il rispetto per il prossimo, la famiglia e il sacrificio».

Lei è partito dal basso ed è arrivato in serie A dopo tanti sacrifici. Una storia quasi da libro cuore.

«È vero, ma ho fatto sacrifici sempre abbinati alla passione e all’amore. Il calcio per me è amore e ho ancora la passione del ragazzino. I giovani d’oggi vogliono tutto e subito, senza sacrifici. Io vengo dalla strada e so bene cosa ho passato».

Infanzia difficile?

«No, perché ho avuto una grande famiglia alle spalle, ma sono sempre nato e cresciuto a Scampia. Alle Vele, per intenderci, quelle che ora stanno demolendo».

Terra di Camorra. Una zona non facile e spesso demonizzata.

«Purtroppo è così, ma è sempre la mia terra e non rinnegherò mai le origini e torno spesso a casa nella mia Scampia». Dove ha riqualificato un campo da calcio a sue spese per donarlo ai ragazzi del quartiere.

Gaetano Letizia da bambino. Qualche ricordo?

«Ho sempre fatto lo ‘zingaro’ di Scampia, un’espressione che uso per dire che ero sempre fuori, in mezzo alla strada dalla mattina alla sera. La domenica dopo pranzo, dicevo a mia zia, che io considero come una mamma: “prepara le buste dell’immondizia che servono come pali della porta”. Avevo 6 anni e abitavo in una delle Vele, dove c’era un campetto in cui ci riunivamo per giocare a calcio, c’erano siringhe dappertutto e continue retate per droga».

Lei può dire: se ce l'ho fatta io, possono farcela tutti.

«Devo dire grazie a mio padre Alberto. Mia madre è morta quando avevo due anni e siamo stati cresciuti da papà e da mia zia Anna. A loro devo tutto. Quello che sono oggi è frutto del lavoro di mio padre, al quale devo fare una statua, mia zia, mio fratello e mia sorella».

Quando ha capito di poter fare il calciatore?

«Mai perché i primi soldi li ho guadagnati in Promozione e poi lavoravo».

Come?

«La prima tappa della carriera al San Vitaliano, in Promozione, prendevo 50 euro a settimana e ovviamente non bastavano, quindi mi sono dovuto arrangiare con qualche lavoretto. Prima in un bar, la mattina, e poi a giocare a calcio nel tardo pomeriggio. Dopo nel 2008 sono passato al Pianura, tra i Dilettanti, e da lì è iniziata la scalata partendo dall’Aversa Normanna tra i professionisti».

Ha giocato in tutte le categorie, fino alla Serie A, sfiorando anche la Nazionale.

«Che beffa! Ero tra i convocati di Mancini per uno stage. Giocavo in B, nel 2018-2019, la mia migliore stagione al Benevento. A maggio mi feci male e addio maglia azzurra».

Rimpianti?

«Uno solo».

Sarebbe ?

Il Napoli. Ci siamo sfiorati, purtroppo».

Lei è stato anche trascinato (ingiustamente) nello scandalo scommesse qualche anno fa insieme ad altri suoi compagni del Benevento. Che ricordi ha?

«Bruttissimi. Sono finito in quel calderone da innocente, cosa che poi ho dimostrato nelle aule di tribunale».

Il suo idolo da ragazzino chi è stato?

«Philipp Lahm, storica bandiera del Bayern Monaco»

Martina, la sua compagna, è sempre con lei.

«Sempre. Lei è il mio tutto, stiamo insieme da più di 14 anni. Ci siamo fidanzati da ragazzini e non ci siamo mai lasciati».

Vacanze estive già prenotate?

“Sì, a Formentera, ma dopo il 10 giugno».

Scaramanzia per la finale play off?

«Non si sa mai». Giustamente, da buon napoletano.

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