Ma Manoppello si gode un Verratti da applausi
Mamma Lidia vede la partita in una pizzeria: che paura per quella barella...
MANOPPELLO. Il tifo comincia già prima dell’ingresso in campo degli azzurri. E diventa tripudio quando le telecamere inquadrano la numero 23 di Marco Verratti. Ma Manoppello salva solo il suo campione: l’Italia torna a casa a testa bassa. Lui, però, la stellina del Paris Saint Germain, non può rimproverarsi nulla. Anche ieri è stato il migliore. A Manoppello sono le sei di pomeriggio. Fa un caldo infernale, il termometro segna trenta gradi centigradi. Ma a nessuno passa per la mente di trascorrere un pomeriggio al mare. No, oggi si tifa Marcolino e Nazionale. Manoppello è un paese in festa. Lo si nota già cinque chilometri prima dell’ingresso nel paese.
All’esterno di un’edicola non puoi non notare un lenzuolo biancazzurro con la scritta: “Sei na roba da matti, gufetto facce sognà”. È il primo di una lunga serie di messaggi che i manoppellesi dedicano a Marco. Corso Santarelli sembra lo stadio di Natal in miniatura: bandiere tricolori su tutti i balconi, gente che comincia a uscire dalle case già mezzora prima del fischio d’inizio. Il cuore del tifo è piazza Garibaldi. I due bar sono pieni, non c’è nemmeno una sedia vuota, in tanti restano in piedi. Una Citroen d’epoca parcheggia proprio qui davanti: è addobbata con un tricolore e un poster con sei foto di Verratti.
C’è anche la mamma di Marco, la signora Lidia Cremonese. Passeggia in piazza con un cane al guinzaglio. Poi, quando mancano dieci minuti agli inni nazionali, entra in una pizzeria: uscirà solo al termine della partita. I ritmi del primo tempo sono bassissimi, di occasioni da gol nemmeno l’ombra. Ma Marcolino, come lo chiamano da queste parti, prova ad accendere gli azzurri. E ogni volta che tocca il pallone, è un’ovazione. «Marcolì, quanto sei forte», «Sta facendo uno show», «Solo tu ci puoi salvare», «Ma come ha fatto Prandelli a far giocare Thiago Motta al tuo posto?», sono i commenti di chi Verratti l’ha visto crescere e ora lo ammira davanti a un maxischermo, tra una birra e una pizza.
I suoi amici non vogliono perdere nemmeno una giocata del loro fuoriclasse. E allora, quando il segnale va via per qualche secondo, proprio mentre Verratti dribbla tre avversari, giù imprecazioni. Il secondo tempo fugge via senza emozioni, fino al 74’: Marco crolla a terra e viene portato fuori con la barella, sfinito dai crampi. Mamma Lidia si attacca subito al telefono. E mentre prova a mettersi in contatto con il procuratore del figlio, Donato Di Campli, in campo si consuma la più atroce delle beffe: Marchisio viene espulso, segna l’Uruguay e l’Italia è fuori dal Mondiale. «Ma Marco ha giocato benissimo», dice mamma Lidia, «ha fatto una grande prestazione e sono orgogliosissima. La delusione per come è andata a finire è grande. Avevo sentito mio figlio ieri (lunedì per chi legge, ndc) e come al solito non abbiamo parlato di calcio. Pochi minuti dopo che l’ho visto uscire sulla barella, ho provato a chiamare anche lui, sperando che avesse il telefono nascosto da qualche parte, in panchina». Accanto a Lidia, pure le zia Antonietta e Luisa, la nonna Adua e gli ex allenatori di Marco. Quelli che lo hanno cresciuto: Antonio Di Battista, Quintino Di Rocco e Nino Di Carlo. «Anche oggi è stato grande», dice Di Battista, tecnico delle giovanili del Pescara, «ha avuto grande personalità». «Il migliore», ribattono i due tecnici dell’Arabona Manoppello, «ma deve tirare più in porta ed essere meno altruista».
La serata scorre via tra delusione e incredulità. L’Italia fa una figuraccia, ma Marco è l’unico a salvarsi. Ieri allo stadio di Natal, insieme al campione pescarese, c’era tutta la sua gente. Per Verratti giù applausi, per la Nazionale di Prandelli solo fischi.
Giammarco Giardini
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