ONORE A CHI HA SCRITTO UNA LEGGENDA

19 Giugno 2014

di STEFANO TAMBURINI Di fronte a una squadra come questa Spagna prima di tutto ci si alza in piedi e si applaude. Sì, perché anche se la scena è la più triste e inimmaginabile, non si può non...

di STEFANO TAMBURINI

Di fronte a una squadra come questa Spagna prima di tutto ci si alza in piedi e si applaude. Sì, perché anche se la scena è la più triste e inimmaginabile, non si può non accompagnare con il massimo del rispetto l’uscita dal campo di chi ha ancora le insegne di campione del mondo sulle maglie e prima e dopo quel titolo ha vinto due Europei. Un’impresa mai riuscita prima e che rende ancor più tenere quelle lacrime che rigano i volti dei giocatori spagnoli, quelli che ormai eravamo abituati a vedere sorridenti e festanti mentre alzavano coppe e le abbracciavano coccolandole nelle feste sul campo con i coriandoli sparati al cielo e l’immancabile “We are the champions” a tutto volume.

Fare diversamente vorrebbe dire cancellare anche la memoria di ciò che questa squadra ha fatto, partendo da una sfida vinta ai rigori – nei quarti degli Europei 2008 – contro l’Italia di Roberto Donadoni. Da lì in poi sono stati inarrestabili fino all’atto finale dell’Europeo 2012, ancora contro gli azzurri, con Cesare Prandelli in panchina.

Certo, colpisce questo schianto improvviso, questo doppio ko che rende inutile e tristissima la terza sfida del girone contro l’Australia, in un derby fra eliminate, Cenerentola e regina decaduta che si giocano ultimo e penultimo posto di un gironcino da incubo.

Una storia non inedita, anche quattro anni fa i campioni in carica – erano gli azzurri di Marcello Lippi – fecero la stessa fine ma almeno se la giocarono fino all’ultimo secondo dell’ultima sfida, sia pure in un girone di burro. La sostanza non cambia ma per la Spagna è diverso, perché un filotto di titoli come questo difficilmente potremo rivederlo ancora. Non sappiamo se gli spagnoli vorranno imbastire processi sportivi a un ct leggendario come Vicente Del Bosque per il reato di “troppa riconoscenza” o a quei giocatori che all’improvviso dopo aver preso tutto si sono accorti di non aver più niente da dare, che c’era da inseguire senza più sapere come si fa. Così può accadere che mentalmente la resa arrivi ancor prima che nelle gambe, che la benzina finisca senza che si sia mai accesa la spia. E se può far male vedere un gruppo di campioni finire nel modo più triste, vien solo da dire di asciugarsi quelle lacrime. Anche una dura sconfitta non potrà mai cancellare una leggenda.

@s__tamburini

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