A Teramo in tre mesi perse 500 aziende

Di Dario: «Nei prossimi mesi in provincia crisi ancora più nera, le istituzioni si diano da fare per aiutare l’economia»

TERAMO. La crisi è come un treno in corsa che non accenna a rallentare, anzi accelera. E’ questo il quadro dipinto dal segretario generale della Cgil di Teramo, Alberto Di Dario che analizza i dati dei primi mesi del 2013. «Abbiamo partecipato alla Giornata dell’economia della camera di commercio e dagli indicatori del 2012 è emersa una situazione grave, ma guardando i dati del primo trimestre del 2013 ora è peggiore», esordisce preoccupato.

I dati. In effetti nei primi tre mesi di quest’anno c’è stata un’altra emorragia di imprese: il saldo fra le iscritte e le cancellate è di -277 (il secondo peggior dato d’Abruzzo, dopo Chieti). La performance peggiore riguarda le imprese edili (-124). Altrettanto male va l’artigianato dove il saldo è di -224 (il decremento maggiore in regione).

«Questi dati sono confermati dalla cassa integrazione», spiega Di Dario, «nei primi 5 mesi di quest’anno sono state autorizzate 4 milioni 433mila ore (2 milioni di ordinaria e 1,6 di straordinaria). Una riflessione la merita la cassa integrazione in deroga (per le piccole aziende e quelle di settori particolari, ndr): ufficialmente sono 797mila ore ma solo perchè ci sono ritardi nell’approvazione, altrimenti sarebbero molte di più. La cosa più preoccupate è che per questa mancano le risorse: in Abruzzo abbiamo 54 milioni, ne servono 100. Finora infatti la tensione sociale la riusciamo a contenere solo perchè gli ammortizzatori sociali aiutano le famiglie. Ritengo che sia le istituzioni che la politica abbiamo coscienza della realtà, ma hanno difficoltà a individuare qualcuno che prenda in mano la situazione. Quel che spaventa è che tutti gli studi dicono che nei prossimi mesi la situazione nel Teramano sarà ancor più difficile. Ma l’assenza della Provincia e il solo saluto portato dalla Regione alla Giornata dell’economia sono emblematici». Il segretario parla del fatto che mentre le grandi imprese vanno rialzando il capo, le piccole e medie - che formano il tessuto produttivo teramano - sono ancora in difficoltà.

Il metalmeccanico. E’ il settore che in provincia regge di più, almeno per il comparto auto. «Ma le attività legate all’edilizia, le installazioni e carpenterie metalliche sono in forte difficoltà, anche per i ritardi nell’arrivo di commesse statali, ad esempio dell’Enel», osserva. Un cenno alla ferita aperta, l’Atr: «con i fallimenti siamo all’epilogo. Sul nostro polo del carbonio non c’è stato nessun intervento, mentre altri territori, come la Campania, decidevano e ottenevano finanziamenti. E ora la Quanta prende la nostra manodopera qualificata».

L’alimentare. E’ un altro settore che tutto sommato tiene, anche se ci sono «punti di sofferenza» come la Gis e l’ex gruppo Malavolta, in procedura concorsuale.

L’abbigliamento. E’ un settore sfiancato. Ci sono fallimenti che arrivano da lontano, come la Texile di Colleranesco (35 lavoratori licenziati) e le Confezioni Tm, di Castellalto (20) ma anche situazioni da controllare come la Goden Lady: «sul suolificio aperto all’interno dello stabilimento ci sono aelementi da chiarire, l’attività è iniziata a rilento». Ma anche la lavanderia Martelli di Ancarano che i sindacati, nonostante le rassicurazioni dell’azienda, temono possa chiudere.

Trasporti e logistica. E’ un settore in sofferenza: negli ultimi tempi ben 11 aziende hanno fatto ricorso agli ammortizzatori sociali per più di 200 dipendenti.

Servizi. «C’è largo ricorso alla Cig in deroga per tante cooperative che forniscono servizi agli enti locali: si riducono le ore di contratti a causa di appalti al massimo ribasso. Tanti tagli, soprattutto nel sociale», fa notare.

Gli altri punti critici. Come detto l’edilizia è in impasse, ma anche il legno: negli ultimi tempi sono fallite 9 piccole e medie aziende. Ma Di Dario focalizza l’attenzione su un altro vulnus: la Tercas. «In uno scenario come questo preoccupano fortemente le sorti della Tercas, la cui fine farebbe crollare l’economia teramana abruzzese: è una questione centrale e non solo per le sorti dei 1.200 dipendenti».

Per il futuro osserva che «se non c’è il concorso di tutti si può fare ben poco. La Regione ci deve dire che cosa vuole fare: ricordo ad esempio che il Protocollo Vibrata-Tronto è fermo da anni e non è stato nemmeno finanziato. Vogliono intervenire o lasciano la situazione andare alla deriva?».

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