C’è l’inchiesta sulle cure mancate
Il detenuto visitato l’ultima volta cinque giorni prima di morire.
TERAMO. E’ un’inchiesta sulle cure mancate quella che, ora dopo ora, prende forma sul caso del detenuto morto a Castrogno. Il giorno dopo l’autopsia, che ha accertato la presenza di un tumore al cervello e di un infarto mai diagnosticati, la procura decide di non riconsegnare il corpo del nigeriano. Almeno per il momento.
Il pm che indaga, il sostituto procuratore Roberta D’Avolio, nei prossimi giorni potrebbe decidere di disporre nuovi accertamenti medici anche su quell’infarto che, così come riferito ieri da il Centro, l’uomo aveva avuto qualche mese fa in carcere. Un infarto scoperto solo con l’autopsia. Per il momento nell’inchiesta non ci sono indagati, ma nella ricostruzione della vicenda emergono nuovi particolari. Dopo il sequestro della cartella clinica in carcere, si scopre che una settimana prima della morte il nigeriano è stato visitato in carcere da un neurologo chiamato dal medico di guardia. Una visita al termine del quale all’uomo non sarebbe stato diagnosticato nulla.
COMMISSIONE D’INCHIESTA. Ma sulla morte di Uzoma Emeka, 32 anni, in carcere dal 27 giugno per droga, testimone del presunto pestaggio di un altro recluso, non indaga solo la magistratura.
La commissione parlamentare di inchiesta sugli errori sanitari e i disavanzi sanitari regionali, presieduta dall’onorevole Leoluca Orlando, ieri mattina ha deliberato di avviare un filone di inchiesta sul diritto alla salute nelle carceri, partendo proprio dalla morte del nigeriano «deceduto nel carcere di Teramo», si legge in una nota, «a seguito di una presunta, possibile carenza di assistenza sanitaria, nonostante una patologia tumorale al cervello». La commissione, che ha richiesto una relazione all’assessore regionale alla sanità e al direttore del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ha incaricato gli onorevoli Doris Lomoro e Melania De Nichilo Rizzoli di seguire l’indagine.
Sul caso c’è anche un’inchiesta amministrativa interna disposta proprio dall’amministrazione penitenziaria su disposizione del ministro della giustizia Angelino Alfano, che solo qualche mese fa ha sospeso dall’incarico il comandante della polizia penitenziaria Giuseppe Luzi indagato, insieme ad altri cinque, per il presunto pestaggio di un detenuto a cui si fa riferimento nell’audio shock finito sulle cronache nazionali.
LA STORIA. Il giovane nigeriano era entrato a Castrogno il 27 giugno per scontare una pena di circa due anni legata allo spaccio di droga. «Quando è entrato stava bene», hanno detto la moglie e gli altri familiari che hanno nominato un perito di parte, «non aveva avuto nessun infarto e non aveva problemi di nessun genere». E invece, in carcere, Uzoma Emeka di problemi fisici ne aveva tanti. Vertigini continue, tanto che qualche settimana fa era caduto mentre faceva la doccia; mal di testa e vomito. «Sarebbe bastata una semplice Tac per capire quello che aveva e magari salvarlo», ha detto l’avvocato della famiglia Giulio Lazzaro, «Andava sottoposto a degli accertamenti che invece non sono stati fatti. Era un detenuto modello, non aveva mai avuto nessun tipo di censura. Aveva partecipato all’opera di riabilitazione con ottimi risultati». A Natale avrebbe dovuto usufruire di un permesso.
Il pm che indaga, il sostituto procuratore Roberta D’Avolio, nei prossimi giorni potrebbe decidere di disporre nuovi accertamenti medici anche su quell’infarto che, così come riferito ieri da il Centro, l’uomo aveva avuto qualche mese fa in carcere. Un infarto scoperto solo con l’autopsia. Per il momento nell’inchiesta non ci sono indagati, ma nella ricostruzione della vicenda emergono nuovi particolari. Dopo il sequestro della cartella clinica in carcere, si scopre che una settimana prima della morte il nigeriano è stato visitato in carcere da un neurologo chiamato dal medico di guardia. Una visita al termine del quale all’uomo non sarebbe stato diagnosticato nulla.
COMMISSIONE D’INCHIESTA. Ma sulla morte di Uzoma Emeka, 32 anni, in carcere dal 27 giugno per droga, testimone del presunto pestaggio di un altro recluso, non indaga solo la magistratura.
La commissione parlamentare di inchiesta sugli errori sanitari e i disavanzi sanitari regionali, presieduta dall’onorevole Leoluca Orlando, ieri mattina ha deliberato di avviare un filone di inchiesta sul diritto alla salute nelle carceri, partendo proprio dalla morte del nigeriano «deceduto nel carcere di Teramo», si legge in una nota, «a seguito di una presunta, possibile carenza di assistenza sanitaria, nonostante una patologia tumorale al cervello». La commissione, che ha richiesto una relazione all’assessore regionale alla sanità e al direttore del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ha incaricato gli onorevoli Doris Lomoro e Melania De Nichilo Rizzoli di seguire l’indagine.
Sul caso c’è anche un’inchiesta amministrativa interna disposta proprio dall’amministrazione penitenziaria su disposizione del ministro della giustizia Angelino Alfano, che solo qualche mese fa ha sospeso dall’incarico il comandante della polizia penitenziaria Giuseppe Luzi indagato, insieme ad altri cinque, per il presunto pestaggio di un detenuto a cui si fa riferimento nell’audio shock finito sulle cronache nazionali.
LA STORIA. Il giovane nigeriano era entrato a Castrogno il 27 giugno per scontare una pena di circa due anni legata allo spaccio di droga. «Quando è entrato stava bene», hanno detto la moglie e gli altri familiari che hanno nominato un perito di parte, «non aveva avuto nessun infarto e non aveva problemi di nessun genere». E invece, in carcere, Uzoma Emeka di problemi fisici ne aveva tanti. Vertigini continue, tanto che qualche settimana fa era caduto mentre faceva la doccia; mal di testa e vomito. «Sarebbe bastata una semplice Tac per capire quello che aveva e magari salvarlo», ha detto l’avvocato della famiglia Giulio Lazzaro, «Andava sottoposto a degli accertamenti che invece non sono stati fatti. Era un detenuto modello, non aveva mai avuto nessun tipo di censura. Aveva partecipato all’opera di riabilitazione con ottimi risultati». A Natale avrebbe dovuto usufruire di un permesso.