il sit-in
Campli, la protesta dei profughi: «Più cibo e soldi»
Sit-in davanti alla caserma dei carabinieri per chiedere contanti al posto delle tessere telefoniche. Incontro in prefettura
CAMPLI. Le parole si muovono tra le ferite. Quelle di sessanta profughi ospitati in un hotel che in un’afosa mattinata d’agosto decidono di radunarsi davanti alla caserma dei carabinieri per chiedere cibo migliore, più vestiti e soldi in contanti invece di carte telefoniche «perchè non abbiamo nessuno da chiamare».
Il drappello di nigeriani e senegalesi che sfila nella piazza di Campli non passa inosservato: qualcuno si ferma, chiede cosa succede, fa domande. «Perchè i ragazzi del posto ci hanno dato pantaloni, magliette e scarpe, ci hanno aiutato subito» racconta chi in pochi mesi ha imparato qualche parola d’italiano in più e viene scelto dagli altri per dare voce al dissenso che qualche ora dopo approderà in prefettura con tanto di incontro istituzionale. «Non ci sono difficoltà particolari», dirà il capo di gabinetto Gianluca Braga dopo aver messo intorno a un tavolo profughi e referenti della coop che si è aggiudicata uno dei bandi per l’accoglienza e gestione dei profughi, «si sta valutando la richiesta di avere in contanti il cosiddetto “pocket money”, ossia i 2,50 euro al giorno».
E in un mondo che tutto centrifuga e troppo anestetizza, nei tempi dei continui lutti del Mediterraneo, per raccontare la cronaca di una protesta bisognerà partire da una frase: «Scusate se non siamo affogati». I profughi, tutti in attesa di sapere se potranno avere lo status di rifugiati politici e da qualche mese ospiti della struttura di Campli, la pronunciano quando raccontano che il cibo che mangiano non è sempre di loro gradimento, quando mostrano le tessere che ricevono al posto dei soldi e quando chiedono più vestiti accompagnando sempre il tutto con un: «Così non va bene». Ma anche da chi, rientrata la protesta, esulta per il gol segnato durante una partita di pallone giocata per consumare l’ennesimo pomeriggio d’attesa. Giocata con dei ragazzi del posto. «Quelli che ci hanno aiutato, ci hanno dato i vestiti, ci fanno sentire meno soli» raccontano al cronista in cerca di storie.
E se le storie di vita si consumano tra proteste e speranze, il sit-in in piazza genera subito l’ennesimo scontro politico. A Campli la minoranza consiliare chiede al sindaco di intervenire. Dicono i consiglieri comunali Marino Fiorà ed Emanuela Tritella: «Non è il momento di rincorrere strumentalizzazioni e l'odio razziale ma di farsi carico nel proprio piccolo di un problema enorme che interessa tutta l'Italia e parte dell'Europa. Questi ragazzi giovanissimi devono essere occupati e non abbandonati a loro stessi. Il sindaco prenda esempio da altri comuni italiani, dove in accordo con le prefetture si sono organizzati dei progetti formativi per consentire agli immigrati di svolgere alcuni lavori di pubblica utilità sul territorio comunale. Nella vicina Torricella Sicura questi progetti sono stati avviati da mesi quindi non si comprende perchè a Campli l'amministrazione comunale abbia chiuso gli occhi fingendo di non vedere che circa 60 ragazzi vagabondano per Campli e Castelnuovo ogni giorno. Se gli immigrati verranno impiegati per eseguire la pulizia e manutenzione delle scuole, dei cimiteri, delle strade del territorio comunale certamente si sentiranno più accettati e partecipi della comunità ed anche i camplesi che sono persone accoglienti li guarderanno con fare meno sospetto». E il primo cittadino Pietro Quaresimale così risponde: «Il Comune non sta fermo. Stiamo avviando un progetto con la coop per far fare dei lavori a questi ragazzi. Ne abbiamo già parlato nel corso di un recente convegno e ora stiamo passando alla fase operativa proprio per mettere nero su bianco dei progetti di lavoro con l’obiettivo dell’inserimento».
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