Delitto di Corropoli

«Così abbiamo ucciso Martino», ecco il racconto dell’uomo arrestato. La difesa potrebbe chiedere la perizia psichiatrica

18 Aprile 2025

L’omicidio di Martino Caldarelli. Ecco gli sviluppi: la coppia killer interrogata in carcere, dopo la confessione la donna non parla

TERAMO. «Lo abbiamo ucciso»: un monologo inframezzato da lacrime e parole pesanti come macigni. Nella sala magistrati del carcere di Castrogno è arrivato il momento di andare oltre il già visto di un delitto. 

Andrea Cardelli parla per la prima volta dopo l’arresto per l’omicidio di Martino Caldarelli, il 48enne di Isola del Gran Sasso adescato sui social, accoltellato dopo un ricatto sessuale, finito con due colpi di pala sulla testa e buttato in un laghetto di Corropoli. Con Cardelli è finita in carcere la sua convivente Alessia Di Pancrazio, la prima a confessare e a far ritrovare il corpo dopo che lui ha tentato di strangolarla. Dopo 48 ore da quella prima ammissione, i ruoli si invertono: lui parla, lei resta in silenzio. 

I meccanismi giuridici, non sempre in linea con il contesto del momento, definiscono i due interrogatori di garanzia di ieri solo in relazione all’ordinanza di custodia cautelare sulla rapina e il sequestro di persona messo a segno qualche giorno prima del delitto ai danni di un altro uomo che è riuscito a scappare. Ma Cardelli parla di tutto quello che è successo nell’ultima settimana. Assistito dall’avvocato Marco Cerioni, il 41enne di Corropoli ammette: «Abbiamo fatto tutto, abbiamo ucciso Caldarelli». 

In quasi due ore di confronto con il giudice Marco Procaccini (presente il pm titolare del fascicolo Elisabetta Labanti), Cardelli mette insieme frammenti di vita e di morte, srotola episodi e date. Il perché e il come, se mai ci fossero in una storia da brividi come questa, li rimanda al prossimo interrogatorio, quello che sarà fissato dopo la notifica della nuova ordinanza di custodia cautelare per l’omicidio e l’occultamento di cadavere. «Il mio assistito ha fatto ampie ammissioni sugli addebiti contestati», dichiara l’avvocato Cerioni, «ha avuto momenti di sconforto. Valuteremo nel futuro il ricorso ad eventuali consulenze per valutare la sua piena capacità al momento dei fatti». 

Se lui parla, lei ora resta in silenzio. Davanti al gip Alessia Di Pancrazio, la 26enne di Giulianova, si avvale della facoltà di non rsipondere. Dice il suo avvocato Rossoli: «La mia assistita risponderà alle domande non appena sarà disponibile l’intero fascicolo delle accuse ipotizzate nei suoi confronti». 

Le indagini, intanto, accelerano in direzione di dinamiche e responsabilità. Gli accertamenti partiti dalla scomparsa di Caldarelli da subito hanno seguito una direzione precisa. A cominciare dalla traccia lasciata da suo cellulare: ai familiari aveva detto che sarebbe andato in palestra a Val Vomano ma l’apparecchio è stato agganciato da un cella in Val Vibrata, esattamente tra Corropoli, Nereto e Sant’Omero. Ed è qui, nell’abitazione dove Andrea Cardelli abita con Alessia Di Pancrazio, che è scattata la trappola. La vittima e la donna in passato si erano già conosciuti sempre sui social e da qualche tempo erano ripresi i contatti in particolare su Instagram e Messenger così come hanno ricostruito i carabinieri. Quando venerdì Caldarelli è andato da lei dopo un primo approccio tra i due, in camera da letto è arrivato Cardelli che era evidentemente nascosto. I due hanno chiesto dei soldi a Caldarelli che ha respinto ogni richiesta. Tra gli uomini è nata una violenta colluttazione con Cardelli che a un certo punto ha estratto un coltello e colpito. Più volte diranno i carabinieri. Caldarelli, fisico robusto, sarebbe riuscito a liberarsi e benché ferito a scappare fuori dall’abitazione probabilmente nel tentativo di raggiungere la sua macchina. È stato raggiunto dai due e colpito ancora con i fendenti. È caduto a terra e, secondo la versione dell’accusa, a questo punto Cardelli ha preso una pala e lo ha colpito alla testa con tale violenza che il manico della pala si è spezzato. I due lo hanno spogliato, hanno bruciato i vestiti, lo hanno caricato su una carriola e con la sua auto lo hanno trasportato al laghetto, un invaso artificiale, dove il corpo è stato gettato dopo essere stato legato a un grosso tronco. Poi sono iniziate 48 ore di depistaggi con la Panda rossa della vittima riverniciata di nero e data alla fiamme a Giulianova.

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