Adescato in chat, ucciso dopo un ricatto sessuale e gettato nel lago: la tragica fine di Martino ha scosso l’Abruzzo

La fine atroce del 48enne sparito nel Teramano: prima adescato in casa da una donna, poi pugnalato e colpito con la pala dal compagno di lei e infine gettato nel lago. La coppia è stata arrestata
CORROPOLI. La svolta arriva con la violenza dirompente di una confessione ed è il preludio di un finale senza ritorno per Martino Caldarelli: adescato sui social, accoltellato dopo un ricatto sessuale, finito con due colpi di pala sulla testa e buttato in un laghetto. Gli ultimi istanti di vita del 48enne operaio di Isola con la passione del dj scomparso da venerdì sono flashback di un omicidio con aggravanti da ergastolo che si srotolano prima ancora che negli atti giudiziari nelle parole di chi, probabilmente, ha avuto paura di fare la stessa fine.
In due da martedì sera sono in carcere con le pesanti accuse di omicidio, occultamento di cadavere e rapina: si chiamano Alessia Di Pancrazio, 26enne incensurata originaria di Giulianova, e Andrea Cardelli, 41 anni, di Corropoli, nel passato arresti per furti e rapina. Su di loro, conviventi, quelli che per il codice penale sono «indizi gravi e concordanti». Con la confessione di lei arrivata dopo che la stessa ha raccontato di essere stata legata alla gola con un filo di ferro alla cancellata della stazione di Alba Adriatica dallo stesso Cardelli per il timore che potesse parlare.
Il resto è un’indagine fatta di tabulati telefonici, immagini di impianti di videosorveglianza, pedinamenti e coincidenze. A partire da un altro episodio di adescamento avvenuto pochi giorni prima dell’omicidio con i due accusati di rapina e sequestro di persona per aver costretto un uomo a consegnare i soldi che aveva, pochi euro, e averlo fatto salire in macchina sotto la minaccia di un coltello per poi liberarlo certi che non avrebbe mai denunciato.
L’indagine partita dalla scomparsa di Caldarelli, operaio falegname che ieri avrebbe compiuto 49 anni, dopo le prime 24 ore prende già una direzione precisa. A cominciare dalla traccia che lascia il suo cellulare: ai familiari aveva detto che sarebbe andato in palestra a Val Vomano ma l’apparecchio viene agganciato da un cella in Val Vibrata, esattamente tra Corropoli, Nereto e Sant’Omero. Ed è qui, nell’abitazione dove Andrea Cardelli abita con Alessia Di Pancrazio, che scatta la trappola.
La vittima e la donna in passato si erano già conosciuti sempre sui social e da qualche tempo erano ripresi i contatti in particolare su Instagram e Messenger così come hanno ricostruito i carabinieri. Quando venerdì Caldarelli va a casa di lei dopo un primo approccio tra i due, in camera da letto arriva Cardelli che era evidentemente nascosto. I due chiedono soldi a Caldarelli che respinge ogni richiesta. Tra i due uomini nasce una violenta colluttazione con Cardelli che a un certo punto estrae un coltello e colpisce l’altro. Più volte diranno i carabinieri.
Caldarelli, fisico robusto, riesce a liberarsi e benché ferito scappa fuori dall’abitazione probabilmente nel tentativo di raggiungere la sua macchina. Viene raggiunto dai due e colpito ancora con i fendenti. Cade a terra e, secondo la versione dell’accusa, a questo punto Cardelli prende una pala e lo colpisce alla testa con tale violenza che il manico della pala si spezza. I due lo spogliano, bruciano i vestiti, lo caricano su una carriola per portarlo alla macchina di lui e con la stessa lo trasportano al laghetto, un invaso artificiale, dove il corpo viene gettato dopo essere stato legato a un grosso tronco.
A questo punto iniziano 48 ore di depistaggi con i due che si disfano del cellulare della vittima insieme al coltello buttati nelle campagne circostanti con pala e carriola. Resta la macchina: la Panda rossa con cui la vittima ha raggiunto la casa. I due cambiano le targhe, comprano delle bombolette spray di vernice nera e con queste cambiano il colore della vettura. Poi la usano per andare avanti e indietro tra Sant’Omero e Nereto dove hanno alcuni piccoli incidenti, con la stessa vettura raggiungono Giulianova dove nel transito danneggiano auto in sosta. Fino a domenica sera quando in via Ruetta Bompadre la vettura viene abbandonata e data alle fiamme con i carabinieri che per accertare che fosse quella della vittima sono dovuti risalire al numero del telaio. Nel frattempo gli investigatori mettono insieme sempre più elementi a carico dei due – soprattutto dopo il precedente episodio di adescamento nei confronti di un altro uomo– che vengono pedinati in ogni loro spostamento. Fino all’ultimo di martedì sera.
Le indagini spingono sull’acceleratore e la svolta arriva nella tarda serata con la confessione di lei che fa ritrovare il corpo. Succede tutto in pochi attimi quando i carabinieri intervengono alla stazione ferroviaria di Alba Adriatica dove, racconta lei nella confessione, Cardelli avrebbe tentato di strangolarla legandola con un filo di ferro – quello di un freno di una vecchia bicicletta – alla massicciata della ferrovia. Legandola alla gola e, racconta sempre ai carabinieri, dandole dei calci alle gambe nel tentativo di farla scivolare. Perché è qui che i carabinieri lo bloccano con lei che portata in caserma dopo essere stata medicata al pronto soccorso racconta tutto quello che è successo. L’adescamento, il tentativo di rapina, la lite furiosa, tra i due uomini con Cardelli che dopo sarà medicato in ospedale per delle costole rotte, il suo convivente che caccia un coltello e colpisce l’altro, la corsa fuori casa, i colpi di pala, i vestiti bruciati, il corpo buttato nel laghetto.
L’ultima sosta verso il destino di Martino Caldarelli, falegname con la passione del dj che sorride nelle foto che lo ritraggono alla consolle, una vita normale a San Pietro di Isola nella casa dove viveva con la mamma rimasta vedova dieci anni fa. «Non sarebbe mai sparito lasciandola sola», raccontano in paese, «erano troppo legati. Da quando poi lei non stava tanto bene lui la seguiva con ancora più amore e presenza fisica. Non aveva nessuna ragione per sparire. Era contento della sua vita». Il resto è la cronaca di una storia senza senso.
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